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Conti in tasca a US Open e Australian Open: Melbourne cresce ed è più ‘socialista’

Il giornalista Matthew Willis ha pubblicato sul proprio profilo Twitter i dati sugli introiti di Australian Open e US Open relativi agli ultimi cinque anni con l’intento di calcolarne la crescita, ma soprattutto in che percentuale all’aumentare dei guadagni sia aumentato anche il prize money offerto a giocatori e giocatrici. I dati si riferiscono alle edizioni 2016-2020 per il torneo di Melbourne, mentre per quanto riguarda lo US Open viene considerato il quinquennio 2015-2019 dal momento che la pandemia e l’assenza di pubblico hanno portato a numeri anomali per l’edizione 2020. AUS OPEN – I guadagni dell’Australian Open sono aumentati del 44% (da 270 milioni di dollari australiani a 388), quelli dello US Open del 34% (da 298 milioni di dollari americani a 400). Lo Slam australiano ha dunque goduto di un aumento maggiore in termini di percentuale, pur continuando a guadagnare molto meno in termini assoluti (388 milioni di dollari australiani corrispondono a circa 298 dollari americani). Parallelamente alla crescita degli introiti però gli organizzatori dell’Happy Slam hanno anche fatto lievitare il montepremi totale, passando dai 44 milioni di AUD (circa 34 milioni di dollari americani) del 2016 ai 71 (54 milioni e mezzo di dollari americani) del 2020. Colpisce osservare che il montepremi sia cresciuto a un ritmo nettamente superiore rispetto ai guadagni totali (61% contro 44%). How the Australian Open and US Open's (the only slams with semi-public figures) revenue and prize money stacks up over last 5 years*not including 'pandemic slams' as figures were anomalous for obvious reasons pic.twitter.com/oTUC9NoPBC— Matthew Willis (@MattRacquet) January 28, 2021 US OPEN – E per quanto riguarda lo Slam statunitense? In questo caso la progressione è pressoché identica. Se le entrate totali sono aumentate del 34%, il montepremi è cresciuto del 35% (da 42,3 milioni di dollari americani a 57,2). Niente da “rimproverare” alla luce di questi dati, è infatti perfettamente accettabile e plausibile che crescita dei guadagni e dei premi seguano un andamento parallelo, l’anomalia sta semmai nella scelta australiana. LA % DEI MONTEPREMI SUL TOTALE – Quello di cui però da anni giocatori e giocatrici si lamentano è la percentuale dei guadagni che vengono ripartiti agli stessi atleti tramite il prize money ed è su questo che lo US Open rimane un po’ esposto alle critiche. Se infatti l’Australian Open negli anni ha aumentato la fetta riservata ai tennisti, passando dal 16,3% al 18,3, lo US Open non ha fatto altrettanto (14,2 nel 2015; 14,3 nel 2019). Anzi, ha quasi fatto un passo indietro dal momento che nel 2016 e nel 2017 la percentuale era salita attorno al 15%. Anche per quanto riguarda l’assegno per gli sconfitti al primo turno la situazione è parecchio diversa tra i due Slam. L’Australian Open ha più che raddoppiato la cifra portandola da 38,500 AUD a 90,000 (circa 69,000 dollari americani) con un aumento del 134%, mentre lo US Open ha rimpinguato il premio del 47% (da 39,000 dollari americani a 58,000). Tra i due quello australiano è lo Slam meno ricco, ma è anche quello che fornisce la garanzie economiche migliori ai giocatori che salutano presto la competizione. Questo cambiamento sembra essere stato accelerato dalla pandemia, e come abbiamo scritto in altra sede potrebbe non essere un fenomeno passeggero e coinvolgere gradualmente un po’ tutti i tornei. ...

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