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Musetti, doti e prospettive di un predestinato

Nel torneo di Barcellona, Lorenzo Musetti sta dimostrando di essere in crescita, tecnicamente e mentalmente. Ecco cosa pensano del talento toscano il suo coach e altri attori del mondo del tennis Il riassunto più calzante lo ha fatto il coach, Simone Tartarini, sul finire dello scorso anno. Alla richiesta di raccontare il suo allievo, l’allenatore ha concentrato la propria idea in queste parole: “È un 19enne di 20 anni fa”. Forse Tartarini sarebbe potuto andare ancora più indietro nel tempo, per rendere il concetto di tennis che Lorenzo Musetti porta scritto nel dna. Perché quei colpi, quella sensibilità (di braccio e di testa) e quella visione di gioco appartengono a un talento che poteva trovarsi perfettamente a suo agio ai tempi delle racchette di legno, quando la potenza contava relativamente poco e quando erano altre doti – dall’intelligenza tattica al tocco – a permettere di vincere i grandi tornei. La premessa non è una licenza romantica destinata a compiacere i vecchi appassionati, ma una introduzione necessaria per spiegare come questo ragazzo di Carrara – che nel frattempo ha compiuto 20 anni, proprio mentre aiutava l’Italia a battere la Slovacchia in Coppa Davis – stia non soltanto raggiungendo traguardi importanti, ma pure conquistando i cuori di tanti amanti del bel tennis in giro per il mondo. Non è nemmeno una questione di vittorie o di classifica. L’ammirazione che si prova seguendolo nelle sue partite è qualcosa che va oltre i risultati. E che poi, quando questi risultati arrivano, lascia una impagabile sensazione di giustizia: uno così – è il concetto – è inevitabile che vinca. BARCELLONA: BAEZ ED EVANS AL TAPPETO Solo che di inevitabile, nel tennis come nella vita, non c’è nulla, nemmeno se sei un predestinato. E allora Lorenzo, per vincere, non può contare soltanto sulla sua classe. Per fortuna lui se ne rende perfettamente conto, e i successi delle ultime settimane sono un’indicazione del fatto che il lavoro cui si sta sottoponendo sta dando i frutti che ci si attendeva. Un lavoro tecnico e tattico, certo, ma soprattutto fisico e mentale. “Ho cominciato a lavorare con uno psicologo – ha spiegato il toscano – e questo mi sta aiutando a mettere ordine. Adesso riesco a lasciare fuori dal campo i problemi personali che prima o dopo arrivano nella vita di ognuno di noi”. Restando alle partite del torneo ATP 500 di Barcellona, battere uno come l’argentino Sebastian Baez sulla terra battuta non è uno scherzo, e in particolare non lo è metterlo alle corde nei momenti cruciali del set, mostrandogli chi comanda con quel coraggio che proviene dalla sicurezza nei propri colpi. Stesso discorso per il confronto con il britannico Daniel Evans, che – è vero – terraiolo non lo è affatto, ma che ha già dimostrato di avere il carattere per emergere da situazioni complesse. Quando vieni fuori da un tie-break giocato punto a punto chiudendolo per 10 a 8, trovando proprio in quel momento alcuni dei migliori colpi della partita, significa che la lucidità ti supporta e che la paura l’hai lasciata da parte. TARTARINI: ASSESTAMENTO INEVITABILE “I risultati della seconda parte del 2021 – ha spiegato Lorenzo – non sono stati quelli che mi attendevo, ma fa parte del gioco e devo accettarlo. Avevo perso fiducia nel mio tennis, non mi trovavo a mio agio in campo. In quel momento, tuttavia, dentro di me è scattato qualcosa, che mi ha portato a essere più professionale, più attento ai dettagli rispetto a quanto accadeva in precedenza. Credo che le buone partite giocate di recente siano il frutto di quel lavoro”. Un lavoro che parte da lontano, con lo stesso coach di oggi. “In oltre dieci anni di lavoro insieme – ha detto Simone Tartarini – Lorenzo non si è mai tirato indietro quando c’era da impegnarsi. E questo per me è un aspetto fondamentale. Il problema, se così vogliamo chiamarlo, è che parliamo di un ragazzo ordinato e preciso, oltre che sensibile. La sua vita era costruita su poche cose, ma su diverse certezze. Nel momento in cui sono arrivate delle novità e con queste anche dei dubbi, vivere un periodo di assestamento è stato normale”. MUSETTI VISTO DA MOURATOGLOU E MURRAY Musetti ha già conquistato, oltre che gli appassionati, anche gli addetti ai lavori e persino i colleghi. Uno dei più entusiasti nel parlare del 20enne di Carrara è Patrick Mouratoglou, il tecnico francese che ha accompagnato Serena Williams nell’ultimo periodo, prima di dedicarsi alla rumena Simona Halep e – almeno in parte – alla crescita di Stefanos Tsitsipas. “Lorenzo – ha raccontato ‘The Coach’ – è l’emblema dell’italianità nel tennis. È capace di soluzioni straordinarie, ha fantasia ma sa anche essere concreto. Chiunque ami il tennis si potrebbe innamorare di lui”. Andy Murray – passando ai colleghi – ci ha poi aggiunto un altro bel carico di aspettative: “È Lorenzo – ha detto lo scozzese – il giocatore che oggi mi diverte di più”. Fin qui, le parole. Ma nei fatti, dove può crescere ancora l’allievo di Simone Tartarini? “Il problema – sottolinea lo stesso allenatore – è che Lorenzo parte da lontano nella risposta, come peraltro fanno tanti altri. Subito dopo, però, col secondo colpo, dovrebbe stare più vicino alla riga di fondo, invece lui spesso rimane dietro. Ma si tratta di un problema emozionale, più che mentale, che si evidenzia in modo particolare quando manca la fiducia. Sulla terra, è un errore che gli viene perdonato, sul veloce incontra qualche difficoltà in più”. UN DIRITTO CHE FA MALE Una delle note liete delle ultime settimane è l’efficacia del diritto. Mentre sul lato del rovescio non c’erano troppi dubbi, quanto a bellezza ma pure a incisività, sul lato destro non sempre Musetti ha saputo esprimere un rendimento all’altezza. Anzi, c’è stato un periodo – ma parliamo di quando ancora il terreno di caccia era il circuito Challenger – in cui quel diritto si era proprio perso, immerso nei dubbi di un’evoluzione per nulla lineare. Piano piano, Musetti è riuscito a ricostruire quella fiducia che gli serviva per giocare il colpo senza il freno a mano tirato. E nell’ATP 500 di Barcellona, per restare all’attualità, proprio il diritto gli sta consegnando diversi punti. O almeno gli sta consentendo di gestire lo scambio con disinvoltura, affondando appena si presenta l’occasione giusta. La spinta verso la perfezione, non solo estetica, è una delle caratteristiche peculiari del personaggio, ed è insieme punto di forza e di debolezza. Punto di forza perché in fondo è tipico dei campioni – o di coloro che pensano come i campioni – ambire al miglior risultato possibile. Punto di debolezza perché bisogna anche sapersi perdonare qualche errore, cosa che in passato non sempre il toscano si è concesso. A 20 anni la maturità piena è probabilmente ancora lontana, ma la strada che Musetti ha imboccato pare quella corretta. C’è tutta una stagione sulla terra – che resta la sua superficie preferita – per fare un altro salto di qualità e spingersi un po’ più vicino ai migliori. L'articolo Musetti, doti e prospettive di un predestinato proviene da WeAreTennis. ...

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