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Sonego: “Nel futuro vedo tanta Italia” (Bonsignore). Maratone e ultratrentenni, uno sport davvero unico (Clerici)

Lorenzo Sonego: “Nel futuro vedo tanta Italia” (Filippo Bonsignore, Corriere dello Sport) “Il 2019 è solo l’inizio». La promessa è una dichiarazione d’intenti, Lorenzo Sonego vuole volare ancora. Il tennista torinese chiude l’anno da numero tre azzurro, dopo Berrettini e Fognini, al numero 52 del ranking Atp, dopo una progressione che l’ha portato a guadagnare 55 posizioni rispetto a dodici mesi fa, alle soglie quindi di quella Top 50 che ha conquistato durante la stagione (best ranking n.46) e dove intende prendere residenza. Ora si riparte: venerdì decollerà verso Doha, dove inizierà il suo 2020 con il Qatar Open, con un carico ulteriore di fiducia e certezze. Lorenzo, che cosa le lascia questo 2019? «E’ stato un anno molto positivo, mi sono tolto delle belle soddisfazioni: sono entrato in tabellone in quasi tutti gli Slam, ho giocato Montecarlo. Il momento più emozionante è stata la sfida con Federer sul centrale del Roland Ganas». Anche lei a lezione da Roger… «Contro questi grandi giocatori impari tante cose. Innanzitutto devi affrontare bene la partita mentalmente: dopo che sei cresciuto vedendoli in televisione, ti ritrovi contro di lui in campo e contro tutto il pubblico. Non è facile, bisogna saper gestire la pressione e l’ansia» (…) Poi è arrivato anche il primo titolo Atp ad Antalya «E’ stato strano, non mi aspettavo di conquistare un torneo sull’erba così in fretta. Non ho realizzato subito di aver vinto, anche perchè il giorno dopo ero già a Wimbledon. Però è stato molto bello (sorride, ndr)» (…) Qual è stato il segreto della scalata? «Vivere le partite seriamente, senza pressione. E poi continuare a divertirmi in campo e giocare punto su punto con più continuità». Lei è cambiato in questo ultimo anno? «Sono cresciuto molto mentalmente: riesco a imparare più velocemente, sono più determinato, prendo le cose molto più seriamente». Tecnicamente in che cosa deve migliorare? «Nella risposta al servizio e nel rovescio». Il 2019 è stato straordinario per tutto il movimento: se l’aspettava? «Le potenzialità c’erano, ma ritrovarci tutti li, in alto, non lo si pensava mai. Man mano ci siamo spinti e caricati l’uno con l’altro; con questa mentalità, ci sarà tanto azzurro nel tennis del futuro». L’ultimo ad esplodere è stato Sinner: ce Io descrive? “Jannik è un ragazzo molto determinato, vuole diventare il numero uno e lo vedi sempre focalizzato e concentrato; cresce in fretta anche perché non gli pesa lavorare. Di carattere è molto freddo, non patisce la pressione e l’emozione, è una dote naturale. E poi tennisticamente è fortissimo…». E del suo grande amico Berrettini che cosa ci dice? «Ci conosciamo fin da piccoli, abbiamo più o meno una storia simile: magari non eravamo così forti da giovanissimi, poi siamo esplosi. Abbiamo vissuto sempre insieme i tornei Future e i Challenger Matteo è una persona molto umile, come me, attaccata ai valori, e non è cambiato». Si narra che abbia fatto anche da Cupido per lei «Sì, è stato Matteo a farmi conoscere Alice, la mia fidanzata. È successo a Miami: avevo perso con Isner e, per distrarmi, la sera sono uscito con lui e un suo amico e me l’ha presentata». (…) Che cosa chiede al 2020? «Di non gettare mai le opportunità che avrò, di giocare tutte le partite al 100%, senza regalare niente a nessuno, dare tutto quello che ho e vivere tante esperienze. La classifica non mi interessa: sarà un anno importante per vedere se l’atteggiamento e la mentalità sono giusti» Dove realizzare un sogno nel cassetto? «Roma e Wimbledon sono i tornei che mi attraggono di più, sarebbero la ciliegina. Però i risultati vanno bene ovunque». II 2021, poi, porterà le Finals a casa sua: punta a fare come Berrettini? «Giocare le Finals a Torino sarebbe una cosa incredibile: un pensiero c’è, ma è ancora presto». Maratone e ultratrentenni. Uno sport davvero unico (Gianni Clerici, La Repubblica) Nel telefonare gli auguri, e nel riceverli da amici che sono quasi tutti tennisti, si apprendono cose in parte dimenticate della stagione appena trascorsa. Iniziamo dall’amico professore di università, perché mi è venuto in mente di annotare qualcosa che ho sentito, ma non ho avvisato gli amici che la telefonata poteva rappresentare una sorta di intervista e l’amico professore mi ha fatto notare che le due finali di Wimbledon e Flushing Meadows sono durate cinque ore. “Non c’è altro sport” ha detto, “eccettuato il cricket, che duri cinque ore. Il tennis è diverso da ogni altro gioco”. (…) Infine un altro amico ammiratore di Nadal: “Non solo è stato capace di vincere due Slam più ciò che resta della Davis, ma a 33 anni, un’età nella quale veniva suggerito il ritiro“. Nessuno aveva accennato, sin qui, alle donne. Non solo nessuna era stata capace finora, prima tra gli aborigeni dai tempi di Goolagong, di farsi strada nel tennis, ma qualcosa di non meno insolito è uscito dal tennis australiano. La Barty aveva scelto il cricket, poi è rimasta a lungo incerta tra questo sport che si gioca con uno strumento simile alla racchetta, infine ha scelto quest’ultima. (…) Tra le molte telefonate di auguri ne ho rivolta una a Ubaldo Scanagatta del sito Ubitennis, sul quale mi ha suggerito di copiare altre due notizie. È la prima volta nell’era Open che gli ultratrentenni dominano il tennis. Jimmy Connors vince a 21 anni, tra il Natale del 73 e il Capodanno del 74, il suo primo Slam in Australia, poi Borg a 18 anni il suo primo Roland Garros. Per accennare ai giovani, gli italiani non si limitano a Sinner, ma sono ben 8 tra i primi 100. ...

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