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Alcaraz battuto a sorpresa da Maroszan (Azzolini, Martucci). Campo Pietrangeli: il più amato (Nizegorodcew). Intervista a Volandri: “Sinner, salto di qualità” (Cocchi)-

I ceffoni di Fabyan stendono Alcaraz (Daniele Azzolini, Tuttosport) Può essere memorabile una stagione che prenda le mosse da una vittoria su Palaphoom Kovapitukted? Sembra di sì, a patto di avere un animo da sparviero […] Fabyan Marozsan dello sparviero non ha solo l’animo, anche l’aspetto. Alto, magro, ossuto, Fabi lascia i sorrisi nei quali nasconde la propria timidezza appesi all’immagine della sua gioventù, e porta in campo gesti serrati e sguardi che inceneriscono, da autentico fighter. Se esiste una storia opposta a quella del ritratto di Dorian Gray, il ragazzo di Budapest – ventitré anni in buona parte trascorsi nell’anonimato di tornei come Szekesfehervar e Ottignies-Louvain-la-Neuve – può aiutarci a metterla a fuoco. Palaphoom, 728 Atp, è stato (il 2 gennaio scorso a Nonthaburi, Tàilandia) la prima vittima tennistica di una vicenda che porta dritti alla vittoria ottenuta ieri su Carlos Alcaraz, anche detto Alcatraz per come ha ingabbiato il tennis che conta. Il numero uno […] Marozsan (la pronuncia è Marosciàn, più o meno) ha impiegato 33 match per avere coscienza di sé e del proprio talento. Diciannove vittorie, 14 sconfitte, 53 mila dollari guadagnati al lordo di tasse e viaggi (quasi niente, dunque) che vanno a sommarsi ai 120 mila scarsi racimolati negli anni precedenti. Nei primi mesi di questo 2023, Fabi si sbatteva con giocatori come Vit Kopriva, Mili Pbljicnk e Alvaro Lopez San Martin, ma a Roma ha superato le qualifiche, e ha ottenuto il primo successo su un tennista classificato tra i primi cento, il ceco Jiri Lehecka […] Marozsan ne ha preso atto, ha studiato come fosse stato possibile, e ha pensato che il suo modo di giocare potesse creare fastidi a tutti, anche ai più forti. É sceso in campo contro Alcaraz e lo ha preso a ceffoni. Lo sapete, i ceffoni tennistici sono quei colpi tirati a tutto braccio, la palla colpita – come si dice in gergo – di piatto, che è arte difficile il suo, dato che esiste un solo modo per non doverla poi rincorrere fino a Piazza Venezia: colpirla sempre al centro. Fabyan questo lo sa fare davvero bene. «Non solo – ammette un Alcaraz parecchio abbacchiato -, lo fa di continuo, senza apprensione alcuna. Non credevo potesse durare così a lungo, mentre non c’è stato un solo momento del match in cui il suo tennis sia venuto meno. Mi ha sorpreso. Non pensavo di perdere, e nemmeno di essere costretto a dire che è giusto che abbia perso». Capperi se c’è rimasto male, il nino di El Palmar, avviato sulle tracce di Nadal con il quale condivide quasi tutto ciò che si possa vincere nel biennio dai diciotto ai venti. Ma si può comprendere… la gente ti incensa, ti ricorda ogni momento quanto siano spavaldi, potenti, e belli quei colpi tirati con tutto il peso del corpo, sostenuti da una vita degna di un ballerino dell’opera, e d’improvviso spunta un satanasso che tira sprangate e le alterna a smorzate che nemmeno rimbalzano tanto sono morbide. C’è di che farsi venire i nervi, no? “Gioco così. Ho sempre giocato così– fa Marozsan -. Mi ha insegnato papà. Sapete com’è, si va in campo le prime volte, si vince qualche partita…lì mi sono detto che forse avrei potuto continuare. Ma non sono abituato a guardare chi ho di fronte. Vado e gioco. E mi pongo obiettivi minimi, qui a Roma speravo di poter vincere almeno un match delle qualificazioni. Invece, eccomi qua… Salve a tutti, mi chiamo Fabyan“, e se la ridacchia di gusto. “Il primo set è venuto via facile – riprende -, un break e via. Ma nel secondo mi è venuta un po’ d’ansia. Nel tie break ero sotto 1-4, e ho pensato che se gli restavo attaccato, magari l’ansia veniva anche a lui. Non so se è andata così, pero ho recuperato e vinto. Bello, no? Qui è tutto magnifico, l’Italia mi piace […]“. Best ranking al numero 128, oggi Fabi è intorno al 114. La strada è lunga. Non ha mai giocato a Wimbledon né a Parigi, e se gli chiedete quale sia il suo torneo preferito risponde Bergamo. Ma da ieri è entrato di diritto tra i possibili campioni del futuro. A suon di ceffoni. La caduta a sorpresa di re Alcaraz battuto da Maroszan, numero 135 del mondo (Vincenzo Martucci, Il Messaggero) II campione è semplice, lo sport è semplice. E onesto. Nel terzo turno di Roma il neo numero 1 del mondo Carlos Alcaraz crolla clamorosamente e fragorosamente per mano del 135, il signor nessuno Fabian Marozsan, e non cerca scuse: «Mi ha sorpreso molto, il suo livello è stato molto molto alto, quanto prima entrerà fra i top 100 e se continuerà così sorprenderà molti altri. Io non ho giocato benissimo, ma lui ha espresso un livello che non sono riuscito a tenere e l’ha fatto per tutto il match. Stavo bene, ma lui non mi ha fatto sentire a mio agio: è stato aggressivo, sempre dentro il campo, mi ha costretto a fare tanti più errori del solito. Nel secondo set ho avuto le mie chances ma lui ha meritato di vincere» […] Magari questo 23enne ungherese alto 1.93, ricco di anticipo e di forza veloce, perderà già negli ottavi contro il redivivo Borna Coric. Intanto, racconta la favola di un bambino che a 5 anni imbracciava la racchetta col papà e pian pianino ha scalato tutti i gradini, spostandosi dal paesello a 30 chilometri da Budapest nella capitale, stupendo non per il tennis – dritto e servizio di qualità – ma per impegno in allenamento, e lucidità e freddezza in campo, nel segno dell’idolo Nadal: «Mentalmente il più forte atleta dello sport» […] Mentre Alcaraz va nel panico e cerca di salvarsi facendo melina davanti alla players lounge tutta in piedi, incuriosita, l’ultimo Carneade reagisce al break perso sul 6-3 4-3 e rimonta da 1-4 nel tie-break. «Ho avuto occasioni e ho tremato. Un po’ come lui. Ma ero concentrato e cercavo di fare qualcosa di speciale». Fabian ripaga Carlos con la sua miglior moneta, le smorzate: «Le faccio sempre, tante e contro tutti, non solo perché Alcaraz stava tanto lontano. E’ il mio gioco, stavolta tutto mi veniva perfetto». Mentre fino alla settimana scorsa viveva di dubbi: «Non giocavo bene, perdevo nel primo o nel secondo turno, ero confuso, in campo non sapevo che fare, sono tomato a casa per cambiare aria e quando sono tornato, a Cagliari, ho giocato molto meglio. E qui a Roma ho cominciato a essere più positivo e ho pensato a godermi di più il gioco» […] Un altro qualificato, il picchiatore tedesco Yannick Hanfmann dà un grosso dispiacere a Marco Cecchinato, schiacciandolo con le bordate dopo il servizio. «Mi è mancata profondità di palla e se non gli giochi lungo e non lo fai correre, da fermo, tira molto forte. Ma sto ritrovando le migliori sensazioni ed è stato il mio miglior torneo di Roma». Avanti un break, Lorenzo Musetti regala il primo set a Frances Tiafoe per il solito vizietto di stare troppo lontano dalla riga di fondo. E viene punito e anche irriso con un paio di servizi da sotto dell’americano che certo non soffre la disapprovazione del pubblico romano. Poi si complica ancora la vita facendosi riprendere da 5-2 a 5-4, sciupa 2 set point ma al terzo sigla il 6-4 sotto la pioggia […] Oggi ci sarà anche Sinner-Francisco Cerundolo, magari evitando i tremori con Shevchenko di domenica sera. Il campo Pietrangeli: il più lento e amato (Alessandro Nizdegorocew, Corriere dello Sport) Ogni partita nel tennis fa storia a sé. Sulla terra battuta, in primavera, ancora di più. «Oggi le condizioni erano lentissime» oppure «la palla stamattina saltava altissima» o ancora «su quel campo il servizio è decisivo» sono frasi all’ordine del giorno agli Internazionali BNL d’Italia (e in un qualsiasi altro torneo sul `rosso’ europeo) […] I campi principali del Foro Italico sono piuttosto diversi tra loro. Il Pietrangeli certamente il più lento dei tre, ma soprattutto è il più amato […] Il motivo principale è la presenza costante del pubblico, che crea un’atmosfera coinvolgente ed emozionante. «È stato magnifico anche se avevo tutto il tifo contro», ha raccontato Karolina Muchova dopo la vittoria su Martina Trevisan […] La Grandstand Arena è invece, a detta dei giocatori, un po’ più veloce, mentre sul Centrale, in condizioni di vento e data la sua conformazione, si è costretti ad affrontare a volte piccoli e fastidiosi vortici d’aria. I campi dal n.1 al n.5, i cosiddetti “campetti” del Foro Italico (quelli più vicini allo Stadio Olimpico), sono velocissimi. Negli anni, tennisti abili notoriamente su superfici rapide sono riusciti a sconfiggere esperti (è famosa una vittoria di Stepanek su Ferrer nel 2008), sfruttando anche una giornata di sole cocente. I nuovissimi 12 e 13, molto belli e simili ai campi secondari del Roland Garros, sono invece particolarmente lenti (in quanto meno “battuti” degli altri) e hanno “out” regolamentari ma molto piccoli. Chi è abituato a rispondere da molto lontano (Medvedev, per fare un esempio, o il nostro Musetti) può avere grossi problemi […] In mattinata o primo pomeriggio, con il sole, la palla a Roma salta in alto e va veloce, mentre di sera e in una giornata uggiosa diventa molto lenta. Un grande battitore come Alexei Popyrin ha sofferto nelle qualificazioni sotto la pioggia, sul campo 12, contro il bravo Riccardo Bonadio per poi realizzare una delle sorprese del torneo superando Auger-Aliassime sull’assolata Grandstand Arena. Saper affrontare ogni tipo variabile è dote da grandi giocatori, che sono in grado di adattarsi anche alle più difficili e inusuali condizioni. Tecnicamente, tatticamente, fisicamente e soprattutto mentalmente; perché ogni partita, nel tennis, è una storia da romanzo. Intervista a Filippo Volandri: «Sinner, salto di qualità. Vince i match sporchi» (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport) Gli servirebbe il dono dell’ubiquità. In questi giorni ha dovuto dividersi tra un campo e l’altro seguendo i match degli italiani, spesso e volentieri in contemporanea come nei match, poi sospesi per pioggia, di Sonego e Musetti. Filippo Volandri, capitano di Davis osserva a tutto tondo, fa le sue considerazioni […] Volandri, si è già spento il sogno di vedere una finale tra Sinner e Alcaraz. Immaginava un’uscita così precoce dello spagnolo? «É stata una sorpresa, sicuramente, ma sono cose che nel tennis accadono e sono sempre accadute. Il giocatore che non ha nulla da perdere fa la partita della vita e gioca al 150 per cento, quello più forte magari arriva un po’ scarico e non conosce bene il rivale. Insomma sono incastri che abbiamo già visto. […]». Lei conosce bene il giocatore ungherese. «Certo, gioca tutti i Challenger con i nostri giovani, con Nardi, Maestrelli. È un ragazzo di talento, che sta crescendo, ma non immaginavamo un tale exploit. Mentre da Shevchenko, che domenica sera ha portato Sinner al terzo set, ci si poteva attendere una prestazione di alto livello». Sinner ha rischiato, ma è riuscito a domare il russo che sembrava scatenato. «Shevchenko è bravo, si allena da tanto con uno come Bresnik che sa il fatto suo. Jannik però, pur non giocando benissimo per i primi due set è riuscito a cambiare marcia al momento giusto». Confermando la regola che I campioni sanno vincere anche quando non giocano bene «Sinner sta crescendo tanto da questo punto di vista. Lo ha dimostrato domenica, con i primo punti del terzo set ha messo in chiaro le cose, ha alzato il livello e l’intensità […]». La nuova formula dei Masters 1000 spalmati su due settimane le piace? «Personalmente sì. Poi ogni giocatore la vede a modo proprio. Credo che se da una parte hai meno tempo per allenarti tra un torneo e l’altro, dall’altra aiuta anche a recuperare meglio tra i match perché si ha un giorno di riposo. A Djokovic questo format non piace ma lui forse si sente fisicamente più forte anche dei giovani». C’è qualcuno che l’ha sorpresa in positivo o in negativo In questa prima settimana degli internazionali? «Forse mi sarei aspettato qualcosa di più da Taylor Fritz, ma probabilmente questa superficie non è la sua prediletta. Vedo invece un Medvedev che dice sempre di odiare la terra rossa ma invece sta lì aggrappato ai match e va avanti. Forse ormai quello dell’odio verso il rosso è solo una posa. Roma comunque resta il miglior torneo per preparare il Roland Garros» ...

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