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Andy Murray: “Sull’erba in pochi sono a proprio agio. Se sto bene, a Wimbledon avrò una chance”-

Il Times di oggi pubblica una chiacchierata di Andy Murray con Stuart Fraser. Il campione scozzese esordisce sottolineando come nemmeno uno dei più entusiasmanti inizi di stagione della sua carriera, con sei vittorie al set decisivo, di cui tre con matchpoint contro, e una battaglia di quattro ore e quarantacinque minuti terminata dopo le quattro del mattino a Melbourne, ha catturato l’attenzione dei suoi quattro figli: “Sophia ha sette anni ed è la più grande – dice Andy – Le piacciono molto di più gli animali del tennis, e così le abbiamo preso due conigli. Va bene così. La cosa divertente è che alcuni suoi amici, loro o le loro famiglie, guardano il tennis. Ma loro no”. In compenso arrivano diversi attestati di stima dagli “addetti ai lavori”: Carlos Alcaraz e Iga Swiatek tra gli altri hanno inviato a Andy messaggi privati e pubblici. Nessuno come un collega può capire lo sforzo di un trentacinquenne con una protesi di metallo all’anca per raggiungere certi risultati. E Murray ne è felice: “E’ perchè non mi è mai accaduto prima; ho avuto una serie di partite incredibili. È bellissimo ricevere attestati di stima come questi – continua – io li ringrazio e li rispetto molto”. La striscia di match spettacolari non continuerà a Dubai, avendo Murray deciso, dopo quasi dodici ore di tennis durissimo a Doha, di non partecipare al Duty Free Championships, per non compromettere la partecipazione ai tornei americani di marzo. “Ho giocato incontri faticosi – spiega Murray in hotel prima di ripartire per l’Inghilterra – e devo stare attento a curarmi dopo gli interventi subiti. Cinque match in sei giorni sono tanti, non ne disputavo così tanti e ravvicinati da giugno a Stoccarda, dove però si gioca sull’erba, superficie molto meno usurante. Mi sono preoccupato – prosegue Sir Andy – per i miei addominali venerdì sera, e ho temuto un infortunio. A trentacinque anni devo essere attento e scientifico nella gestione del mio fisico, come certo non lo ero a vent’anni”. I suoi metodi di allenamento sono assai cambiati. Le estenuanti corse intorno agli isolati di Miami seguiti da training sul campo e da palestra nel pomeriggio sono un ricordo. Oggi le sue sessioni sono pianificate scrupolosamente per ottenerne la massima efficacia, anche con l’utilizzo di device data-tracking, ovvero che raccolgono informazioni per orientare sempre meglio l’attività, come la Catapult Vest. “Pensavo di essere attento ai dettagli – riconosce Murray – ma certi metodi sono decisamente nuovi per me. Prima pensavo genericamente a colpire palline per ore; adesso mi pongo delle domande. Quando sono in campo, che obbiettivi mi pongo? Ora so che genere di esercizi devo fare e fino a dove questi spingono il mio battito cardiaco. Ora è tutto più finalizzato, e io posso raggiungere uno stato di forma migliore”. Murray ha maggiore fiducia nel riprendere match compromessi, e la sua memoria corre alla scorsa stagione e a partite perse all’ultimo, in special modo quella contro Gilles Simon a Bercy lo scorso novembre. “Ne ho parlato molto con i miei collaboratori – ricorda Murray – non volevo continuare a perdere quel tipo di match. Quando ne vincerò uno o due, dicevo, tutto cambierà. Ovviamente è stata dura”. Il suo primo obbiettivo è continuare a salire in classifica, e tornare nel seeding dei grandi tornei. “Il mio pensiero – spiega – è che non ci sono tanti giocatori che si trovano a loro agio sull’erba, e quindi le chance di fare belle cose a Wimbledon sono reali. Non dico che punto a fare grandi cose a Parigi, ma a Wimbledon chissà… In ogni caso non ci sto pensando; lavoro per crescere giorno dopo giorno e mi rendo conto di come mi senta meglio rispetto a un anno fa, quando giocai e persi la peggior gara della mia carriera a Doha, 6-0 6-1 con Bautista-Agut. Giocai da schifo, mi faceva male la schiena: fu terribile. Ora ho qualche pensiero, ma sto bene nonostante un simile inizio di stagione, e la mia speranza è di tenere fisicamente con sette incontri al meglio dei cinque set. Magari non da sei ore l’uno, diciamo dei tre su cinque… regolari”. Alla domanda in merito a come colmerà il vuoto agonistico dopo il ritiro, Murray parla di coaching e di golf. “Mi mancherà ovviamente il fattore agonistico e il desiderio di migliorarmi, anche nei dettagli. Per esempio, sto servendo la prima palla  meglio in queste settimane che in tutta la mia carriera, ma so che posso ancora lavorarci. Piccole cose, che però contano. Mi mancherà la mia routine – conclude –, il dedicarmi appena sveglio la mattina a migliorarmi. Certo, verranno altre routine, come dedicarmi ai bambini e alle loro faccende. Ma sarà diverso”. ...

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