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Aslan Karatsev, l’anello mancante del tennis russo

Se prima del torneo qualcuno avesse previsto due tennisti russi in semifinale agli Australian Open 2021 non ci sarebbe stato granché di strano. Al massimo lo si poteva tacciare di eccessivo ottimismo filo-russo, ma niente di più. Del resto si tratta sempre della nazione fresca vincitrice dell’ATP Cup che può contare su tre tennisti tra i primi 20 del mondo. Ed infatti ad aver raggiunto questo traguardo sono proprio due giocatori che qualche settimana fa hanno alzato al cielo il trofeo per nazioni targato ATP battendo in finale l’Italia, ma uno dei due non risponde al nome che tutti si aspetterebbero. Quella squadra era composta dal n. 4 Daniil Medvedev, il n. 10 Andrey Rublev, il n. 114 Aslan Karatsev e il n. 123 Evgeny Donskoy. È evidente come la Russia al momento presenti un buco tra i giocatori di vertice e quelli fuori dalla top 100; insomma mancano quelli di medio livello che orbitano tra la 40esima e la 70esima posizione del ranking capaci ogni tanto di portare a casa un torneo 250 e, perché no, piazzare anche un exploit in uno Slam. Ecco, finalmente la Russia sembra aver trovato questo anello mancante e ce l’ha sempre avuto sotto il naso: il suo nome è Aslan Karatsev, 27 anni, fresco semifinalista degli Australian Open. Di tutti i suoi record messi a segno grazie a questo storico traguardo (ne citiamo solo uno per dovere di cronaca: primo giocatore dell’era Open ad aver raggiunto una semifinale Slam al debutto in un major) ne abbiamo già scritto in questo pezzo, mentre adesso varrebbe anche la pena conoscere un po’ di più il personaggio dietro questi numeri. Aslan Kazbekovich Karatsev è nato il 4 settembre 1993 a Vladikavkaz, piccola città russa al confine con la Georgia, da genitori di discendenza ebraica. In particolare è il nonno materno ad essere ebreo e quando Aslan aveva tre anni tutta la famiglia si trasferì proprio in Israele. Ha iniziato a muovere i primi passi tennistici nella città di Giaffa, imparando anche l’ebraico, sua seconda lingua dopo il russo. A 12 anni è tornato nella terra natia insieme al padre trasferendosi a Tanganrog, città portuale che si affaccia sul Mar Nero. Qui le cose hanno iniziato a farsi serie, tanto che Karatsev è riuscito a trovare uno sponsor che gli permettesse di allenarsi con maggior libertà economica. A 18 anni c’è stato un altro trasferimento nella sua vita, questa volta in direzione Mosca. Nella capitale russa Aslan iniziò una collaborazione con Dimitri Tursunov e lì, considerando il talento che pian piano stava emergendo, si decise di aiutarlo a raggiungere la Germania per perfezionare la sua preparazione. Per la precisione Karatsev a 21 anni si recò ad Halle e questo ennesimo trasferimento ci offre un primo spunto per capire qualcosa del suo carattere. “Tutto andava bene e c’erano buoni allenatori, ma non era così per me. Non mi piaceva quella situazione. Non ha funzionato per me lì“ ha ammesso il giocatore russo in un’intervista rilasciata lo scorso ottobre a gotennus.ru. Dunque per bilanciare i due anni non troppo felici passati sotto il rigore tedesco, Karatsev decise di provare tutto un altro stile e si recò a Barcellona. Neanche il passaggio al calore mediterraneo sembrò giovare particolarmente ai risultati del russo il quale a singhiozzi riusciva a stare tra i primi 200 giocatori del mondo. Il primo ingresso, alla posizione n. 168, lo fece nel marzo 2015 grazie al primo titolo Challenger della carriera vinto sul cemento di Kazan, Russia, ma negli anni successivi fece fatica a ripetersi a quel livello. Qui i primi veri ostacoli iniziarono ad abbattersi sulla carriera di Karatsev: “C’è stato un periodo di difficoltà per me perché ero infortunato e dopo aver recuperato da quel problema ricominciai a giocare ad inizio 2017 ma tornai subito a sentire dolore al ginocchio. Restai fermo quasi tre mesi e fu la parte più dura” della carriera. I periodi di magra erano comunque bilanciati da exploit prolungati che lasciavano intravedere qualcosa, come i tre titoli ITF Futures vinti tra dicembre 2017 e gennaio 2018, o le numerose finali giocate consecutivamente sempre a livello ITF sul finire del 2018. Questi risultati appena elencati sono stati messi a segno da un ragazzo ormai ‘adulto’, un 25enne giramondo che aveva avuto un assaggio di diverse culture ma che ancora non era riuscito a trovare il suo equilibrio. È difficile che un tennista a quell’età possa fare dei notevoli progressi a livello di gioco mentre è più probabile che il miglioramento avvenga sul piano mentale. E spesso affinché ciò accada basta trovare il giusto luogo dove allenarsi o le giuste persone con cui farlo. Karatsev ci ha messo parecchio ma alla fine ha trovato entrambe le cose. Riprendendo il filo delle sue peregrinazioni, dopo la Germania e la Spagna il tennista russo ha optato per una via di mezzo: Minsk, capitale della Bielorussia, città di stampo sovietico ma volta alla modernità. Qui ha trovato anche un allenatore capace di tirar fuori il meglio da lui: Yahor Yatsyk, figura forse sconosciuta persino alla maggior parte degli addetti ai lavori, ma che ha fatto al caso suo. “Lui è l’uomo giusto per me. Mi ha aiutato molto, soprattutto sulla parte mentale, nel credere maggiormente in me stesso e nel mio stile di gioco. Poi ovviamente anche sull’aspetto tecnico. Mi piace lavorare con lui. Viviamo a Minsk e ci alleniamo lì” ha spiegato Karastev nella conferenza post-vittoria su Grigor Dimitrov. La collaborazione prosegue ormai da tre anni e il team è completato dal preparatore atletico “Luis dal Portogallo”. La semifinale raggiunta agli Australian Open provenendo dalle qualificazioni, è sì un risultato straordinario, ma la sua non è stata un’ascesa completamente preclusa ai radar. Se infatti si va a scandagliare un po’ nel suo recente passato si può notare come durante i tornei post-lockdown dello scorso anno siano arrivati i migliori risultati della sua carriera: in estate due titoli Challenger sulla terra rossa della Repubblica Ceca, e in autunno il secondo turno sia all’ATP 500 di San Pietroburgo che in quello 250 di Sofia. Questo, oltre a mostrare un’adattabilità a diverse superfici, fa capire come la fiducia che lo ha portato a vincere cinque incontri consecutivi a Melbourne arrivi da lontano. Per uno che in vita sua ha avuto cinque nazioni diverse come sedi di allenamento è chiaro che ciò di cui aveva bisogno era stabilità e fiducia in sé stesso, ed è proprio lui ad averlo confermato: “Credo che la chiave stia nel trovare il giusto team e il giusto coach come l’ho trovato io. Sono stato molto fortunato.” Sì, ha utilizzato proprio il termine ‘fortunato’ per descrivere un incontro avvenuto quando lui aveva 24 anni e molti tennisti, in assenza di risultati tangibili, si sarebbero già ritirati da tempo. “Ci siamo incrociati ad un torneo Futures, e ci siamo detti ‘Va bene, proviamo a lavorare assieme.’ E niente, credo sia davvero una grande fortuna cha l’abbiamo fatto e ora ho un ottimo team intorno a me.” Luca Baldissera l’ha definito “un misto tra Nikolay Davidenko e Marat Safin per gli anticipi semi-piatti del primo e la potenza pura del secondo”, e se a questo misto ci aggiungete anche un pizzico di fortuna (per sua stessa ammissione) e tanta fiducia in sé stessi (quasi del tutto carente nelle giovani-vecchie promesse NextGen) ecco a voi Aslan Karatsev. ...

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