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Berrettini ha deluso ma la top 10 non gli è preclusa

da Londra, il direttore Se qualcuno mi chiede ancora se Matteo Berrettini è quello visto contro Federer, rispondo di no. Se qualcuno mi chiede se arriverà a essere un top 10 non mi faccio influenzare dal match perso malamente con un grande Federer e rispondo: non lo so. Se qualcuno mi chiede se lo escludo, una sorta di follow-up alla questione precedente, dico: non mi sento di escluderlo perché ho visto troppi “late-bloomer” nella mia carriera, cioè giocatori che hanno dato il meglio dopo una certa età. Perché non Berrettini allora? La consapevolezza dei propri limiti è uno straordinario stimolo a lavorare per superarli. Si fosse sentito già un “quasi arrivato”, come è successo a tanti giocatori più presuntuosi di lui, allora sarei stato negativo sul suo futuro. Ma Matteo e il suo clan hanno la testa sulle spalle. Il pericolo costituito dall’imborghesimento che ti fa adagiare sugli allori non mi pare abbia ragion d’essere. Ciò dico anche se – mi rendo conto – è ben diverso progredire da n.60 a n.3 rispetto a passare da n.20 a top 10. Però ci sono stati giocatori che sono arrivati a essere top 10 dopo molti anni di onorata carriera. E non erano tutti fenomeni. Ci torno più giù. Fra gli uomini, e potrei citare giocatori italiani che non godevano di grande credito ma che hanno fatto grandi progressi dopo i 27 anni, i primi che mi vengono in mente senza sforzarmi troppo sono Sanguinetti, Pozzi e Seppi. Senza fare grandi ricerche, se a Fognini è riuscito a diventare per la prima volta top ten (a giugno 10 e forse 9 a luglio) a 32 anni, idem a Isner anche lui n.9 a 32, idem a Melzer e Fish intorno ai 30, perché non dovrebbe riuscirci Matteo Berrettini entro qualche anno visto che, oltretutto, rispetto ai contemporanei avrà il grande vantaggio – nel giro di pochi anni – di non avere più tre poltrone occupate in modo permanente dai tre “marziani”  Federer, Nadal e Djokovic? Non ci fossero stati quei tre – anzi, c’era pure il quarto Fab Four Murray –  Fognini sarebbe stato n.10 già nel 2013. Prendo pari pari un commento dell’ottimo Alex Irene, che ho invano pregato più volte di mettersi in contatto con noi su direttaubitennis@gmail.com per vedere se potevamo persuaderlo a collaborare con Ubitennis: “Nessun italiano forte a mia memoria ha giocato con tale autorevolezza la sua prima finale (si riferisce a Berrettini quando a Gstaad vinse il torneo battendo Bautista Agut): Camporese Cancellotti e Furlan persero netto da Perez Roldan a San Marino, da Arias a Firenze e da Oncins a Bologna giocando al di sotto delle proprie possibilità; Canè Gaudenzi Starace Volandri Seppi Fognini lottarono, ma senza fortuna, contro Jaite a Bologna, Berasategui a Stoccarda, Almagro a Valencia, Moya a Umago, Mathieu a Gstaad e Simon a Bucarest”. Ora, nel ringraziare Alex per il suo contributo, sfido chiunque a non considerare una sorta di finale quella che Berrettini si è trovato ad affrontare sul centre court di Wimbledon contro Sua Maestà Roger Federer. Insomma di alibi per giustificare la pesante sconfitta ce ne sarebbero a bizzeffe. Da ultimo faccio presente l’età degli otto quartofinalisti di questo Wimbledon partendo dal più anziano: Federer 37, Nadal 33, Djokovic 32, Bautista Agut 31 (e sono i più probabili semifinalisti, anche se Guido Pella ha clamorosamente mandato a casa gli ultimi due finalisti di Wimbledon, Anderson e Raonic, che fanno tre con il Cilic eliminato lo scorso anno), Querrey 31, Nishikori 29, Pella 29, Goffin 28. Insomma, Matteo ha almeno cinque anni per… mettersi in pari con il più giovane del lotto, Goffin, che è stato top-ten, sia pure per breve tempo. Chi è sicuro che non possa arrivarci è un vero pessimista. Come ho già scritto altre volte, nelle retrovie dei top 10 sono arrivati anche giocatori che non erano tecnicamente formidabili, che non avevano limiti meno evidenti di quelli manifestati dal nostro a 23 anni. Diamo tempo al tempo, confidiamo nella serietà del lavoro che faranno Berrettini, Santopadre e Rianna, e poi vedremo, con più cognizione di causa, quando Matteo avrà 27 anni. Matteo Berrettini – Wimbledon 2019 (foto Roberto Dell’Olivo) Io non mi sbilancerà più su Matteo per un po’, dopo aver ciccato clamorosamente quella profezia secondo cui non avrebbe mai potuto perdere da Federer 61 62 62. Il video con la conferenza stampa e il siparietto scherzoso con Roger Federer sta diventando virale, soprattutto in Svizzera ha fatto il giro di tutti i Cantoni. Però voglio dirvi che stamani quando ho raccontato al campione di Wimbledon 1973 Jan Kodes la mia disavventura lui si è messo a ridere, prima di raccontarmi cosa è successo a lui: “L’altro giorno c’erano ben quattro ceche in ottavi di finale e uno era un derby: Pliskova-Muchova. Poi c’erano Kvitova contro Konta, Strycova contro Mertens. I giornalisti cechi mi hanno intervistato e io ho detto quel che avrebbe pensato chiunque: ‘Quelle che faranno più strada dovrebbero essere Pliskova e Kvitova”.  Well, Pliskova e Kvitova hanno perso, Muchova e Strycova sono andate invece avanti (poi in semifinale ci è arrivata solo Strycova). Così stamani sul giornale di Praga ci si interrogava: “Ma Kodes capisce di tennis?”. Che consolazione! Se sbaglia Kodes che ha vinto Wimbledon non posso sbagliare io… che ho vinto il torneo al Golf Club dell’Ugolino? Fra le donne mi è ancora più facile – e in questo caso si parla invece di raggiungere posizioni di notevole preminenza – sottolineare come non si debba essere necessariamente enfant-prodige per salire ai vertici delle classifiche mondiali. Tre delle nostre Top-Ten, Schiavone che ha vinto Parigi da over 30, Pennetta e Vinci che hanno fatto la famosa finale dell’US Open e l’ingresso fra le top 10 anch’esse in età matura (Pennetta ci era riuscita già nel 2009 a 27 anni, Vinci a 33), sono la testimonianza di quanto affermo. Silvia Farina non ce l’ha fatta per un pelo a lasciarsi la posizione n.11 alle spalle, ma se non erro quando c’è stata più vicina aveva anche lei superato i 30. Fra le donne è indubbiamente meno difficile, c’è minor competizione, ma certo mi fa effetto vedere che qui a Wimbledon ha raggiunto la sua prima semifinale di Slam una ragazza di 33 anni, Barbora Strycova. Batte il record che apparteneva a Robertina Vinci, prima volta semifinalista all’US Open a 32 anni. Se penso che ho visto Strycova perdere contro Sara Errani al torneo olimpico di Rio de Janeiro solo tre anni fa (62 62, mentre quando perse la finale di Dubai fu addirittura un 60 62), mi prende sconforto e tristezza. Strycova aveva già 30 anni, non era una bambina. Non so quale dei miei prossimi quesiti possa ritenersi il più giustificato. Cosa è scattato, quale clic, nella Strycova a 30 anni, se a 29 era n.41 a fine anno, a 28 n.26, a 27 n.92, a 26 ancora n.92, a 25 n.44 e in una vita da tennista aveva vinto solo 2 tornei minori, Linz e Quebec City? Cosa è successo a Sara Errani a 29 anni dopo che in carriera aveva invece vinto la bellezza di 9 tornei, fra cui il Premier di Dubai, ma figurano anche nel suo palmares le finali del Roland Garros, del Foro Italico, le semifinali a Parigi e New York, più i quarti in Australia? Possibile che l’amara e angosciosa vicenda del tortellino l’abbia condizionata a tal punto che non sia più capace di battere altro che da sotto? Accadono cose che davvero non si si spiegano facilmente. Confesso che un po’ mi dispiace in questo frangente tirar fuori l’argomento dello spaventoso declino di Sara che – sono certo –  avrebbe fatto volentieri a meno di ritrovarsi per colpa mia sotto i riflettori. Non ho né avevo nessuna intenzione di infierire, ma quando mi sono ricordato di questi confronti diretti fra Barbora e Sara, ho pensato alla ragazza che ha raggiunto la quinta posizione mondiale e ora non riesce nemmeno a rientrare tra le prime cento. Com’è che ce la siamo persa per strada quando avrebbe dovuto essere ancora competitiva… Fra l’altro ho visto che proprio ieri Sara ha perso a Baastad contro Vikhanyantseva (n.105 WTA) 60 63. Mi dispiace. Non riesco a vedere la luce in fondo al tunnel. L’importante sarebbe che la vedesse lei. Ma la vede? Tornando a scrivere di Wimbledon credo che a Serena Williams non sia proprio dispiaciuta la vittoria della Strycova su Johanna Konta, letteralmente massacrata dalla stampa britannica che non le ha mai perdonato i suoi rifiuti di concedersi al gruppo dei giornalisti Brit sulla falsariga di quanto fanno Federer, Nadal e Djokovic i quali, esaurite le conferenze stampa con i giornalisti di tutto il mondo, concedono ai connazionali qualche minuto in più. Battere Konta in Inghilterra pone più problemi, per via del tifo che anche nel tempio del tennis non è per nulla timido. A Serena mancano due successi per raggiungere i 24 titoli conquistati da Margaret Court Smith. Secondo me ha già un piede in finale. Lì però dovrà farsi valere e giocare meglio che con la generosa Riske, capace di commettere un doppio fallo nelle due palle break che ha dovuto affrontare nel terzo set. Per i quarti maschili di oggi, vi lascio alle previsioni dei miei validissimi collaboratori, dopo che il secondo anno di fila e per la quinta volta in totale i Big 3 Djokovic, Federer e Nadal, si trovano tutti insieme appassionatamente nei quarti. Vero che soltanto nel 2007 riuscirono tutti e tre ad approdare alle semifinali (Nadal battè Djokovic e perse da Federer in finale), ma io credo che quest’anno sarà la seconda volta. Negli ottavi hanno perso zero set e 19 game fra tutti: 8 Djokovic con Humbert, 5 Federer con Berrettini, 6 Nadal con Sousa. Che possano perdere con Goffin, Nishikori e Querrey mi sembra altamente improbabile (anche se ci sarebbe un dato statistico da considerare). Ma chi si sbilancia più dopo la gaffe Berrettini? David Goffin – Wimbledon 2019 (foto via Twitter, @Wimbledon) ...

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