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Berrettini: “Il livello di consapevolezza raggiunto a Wimbledon non si perde, è scolpito dentro di me”-

Ad accendere la miccia dei grandi successi sportivi italiani di questa estate è stato senza dubbio Matteo Berrettini, il quale a Wimbledon circa due mesi ha raggiunto l’ultimo atto, giocato lo stesso giorno della finale degli europei di calcio. Una giornata storica tanto per il pubblico quanto per il tennista romano. “Che giornata surreale e bellissima” ricorda il diretto interessato, intervistato dal Corriere della Sera. Ma in fin dei conti quello era solo un lietissimo antipasto di quanto sarebbe poi accaduto alle Olimpiadi di Tokyo, ed è inevitabile che uno sportivo si lasci trasportare dall’entusiasmo di suoi colleghi di altre categorie. “Io non credo alle cose che succedono per caso: ho visto motivazioni fortissime negli sport olimpici che hanno aspettato tanto per vincere, tipo l’atletica, risultato di una gestione del lockdown evidentemente migliore di altre nazioni, ho notato un lavoro enorme delle Federazioni del Coni, per il quale faccio i complimenti al presidente Malagò” ha commentato Matteo. Tornado al presente, o ancora meglio all’immediato futuro, c’è un nuovo Slam da disputare. E a questo US Open il n. 8 del mondo non si presenta nelle stesse condizioni di Londra. “A Wimbledon arrivavo con tante partite nelle gambe, prima sulla terra di Parigi poi sull’erba del Queen’s. Qui a New York rientro da un infortunio, una lesione al quadricipite, ho bisogno di giocare, di stare in campo il più possibile“. Anche se a dare la giusta spinta è la fiducia accumulata in precedenza. “Il livello di consapevolezza dei miei mezzi raggiunto a Wimbledon non si perde, è ancora lì bello scolpito dentro di me. Sono un finalista Slam, punto. Poi c’è la sicurezza che si costruisce match dopo match: quello è un cantiere sempre aperto”. Recentemente Berrettini ha avuto il piacere di incontrare da vicino un ex grande tennista, John McEnroe, il quale non perso occasione per lanciargli un monito. “Mi sono allenato con Jannik Sinner alla sua accademia in un giorno di pioggia. John è stato gentile: a Londra ero dentro la bolla e non sono riuscito ad avvicinarmi, mi ha detto ‘sei stato bravo e occhio perché d’ora in poi nessuno ti regalerà più niente’. Fa piacere”. Inevitabile poi che anche lui venisse coinvolto nell’eterna diatriba su chi sia il più grande tennista di tutti i tempi. “I numeri dicono che [Djokovic] probabilmente lo è già. Ma al di là dei record, che a me interessano poco, ci sono le emozioni. Di certo Nole è lassù, tra i grandissimi. Io non ho mai nascosto di tifare per Federer: lo facevo da ragazzino, lo faccio oggi. Ma il bello di Djokovic, Federer e Nadal è che sono diversissimi, hanno qualità enormi tra cui si fa fatica a scegliere. È ovvio che stiamo assistendo al tramonto di Roger per limiti di età, ma godiamoci questi tre campioni straordinari finché ci sono”. Infine l’intervista si chiude con uno dei temi centrali di questo torneo imminente. A Flushing Meadows sarà ammesso solo pubblico vaccinato o con tampone negativo, mentre ai giocatori non è richiesto il vaccino. Matteo ancora una volta si dimostra una persona equilibrata e coscienziosa, e il suo pensiero è chiaro. “Io sto dalla parte della medicina di cui mi fido. Non mi nascondo: sono vaccinato. Non mi piace parlare degli altri ma il vaccino è di sicuro la scelta giusta per me. Io poi sto sempre attento: mascherina, distanziamento, gel per le mani. Così mi sento sicuro”. ...

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