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BIANCA ANDREESCU HA LA FORZA… DELL’IMMAGINAZIONE

La 18enne canadese di origini rumene, consigliata dalla mamma, utilizza con continuità tecniche di visualizzazione. Anche così ha conquistato Indian Wells. “Ora voglio fare la storia” di Alessandro Mastroluca - foto Getty Images Immagina, puoi. Non lo insegnano solo nella pubblicità. Dietro lo slogan c’è una tecnica. Si chiama visualizzazione creativa. Bianca Andreescu la usa, spinta dalla mamma, da un sacco di tempo. Se a 18 anni è la prima wild card a vincere Indian Wells, ha battuto Angelique Kerber in una delle migliori finali della stagione diventando anche la teenager con la miglior classifica nel ranking Wta, è anche grazie a questo.“Voglio fare la storia, voglio vincere gli Slam e diventare numero 1”, diceva alla vigilia del torneo. Si è abituata ad immaginarsi con in mano un grande trofeo. Ha allenato l’immaginazione per condurla attraverso le difficoltà che ogni storia di successo richiede di superare. Così, non si è lasciata sopraffare dagli eventi nel primo Premier Mandatory che abbia mai giocato. Bianca, che numeri!In California ha rimontato da sotto 3-1 nel terzo contro Irina Begu, perso in totale sette game contro Cibulkova e Voegele, battuto Qiang Wang e commesso solo 12 errori gratuiti nel quarto di finale di fronte a Garbine Muguruza. Ha infilato 36 vincenti in ‘semi’ contro Elina Svitolina, nonostante i crampi nel terzo set. La finale poi: un capolavoro di tecnica e tenuta che l’ha resa la quinta non testa di serie nell’albo d’oro del torneo e la più giovane campionessa dal 1999, dopo Serena Williams.Canadese figlia di emigrati rumeni, a sette anni è tornata nella nazione dei genitori. Qui, con Simona Halep come fonte di ispirazione, ha iniziato a giocare. A 11 anni, però, si è definitivamente trasferita in Canada per allenarsi al centro tecnico nazionale di Toronto. La visualizzazione creativa per combattere ‘la noia’Chi non la conosce o la vede giocare per la prima volta si stupisce della naturalezza con cui comanda il gioco e dalla continuità nel cambiare ritmo. Lo fa da sempre, a questo finalizza una parte consistente del suo programma di allenamento. È una forma di visualizzazione creativa anche questa, il tentativo di anticipare la forma della sorpresa. Non potrebbe fare altrimenti, racconta. L’ha capito già da junior. L’ha capito perché si conosce. “Mi annoio molto facilmente”, ha confessato nell’intervista sul sito della WTA dopo il titolo vinto. Tirare sempre lo stesso colpo, spiega, facilmente la portava alla noia. Al sentimento che Alberto Moravia vedeva come fondamento dei grandi imperi. Il suo, di impero, ha iniziato a costruirlo per reazione, più vicina al disordine “donnesco e bellicoso” della Cecilia del romanzo. Con l’opzione giusta... “Niente è impossibile”Un disordine che all’inizio si è tradotto in una comprensibile incertezza, in giovanile indecisione. “Sentivo che sapevo fare bene molte cose, che il mio tennis era ricco di opzioni. Ma troppo spesso sceglievo quella sbagliata”, ha ammesso. Il tennis insegna a perdere, Andreescu rimane a giocare gli ITF e chiude il 2018 da numero 178 del mondo. Poi all’improvviso il tempo prende velocità. E l’età, un limite quando c’era da prendere decisioni rapide fino allo scorso inverno, si rivela per quello che è: un numero e basta. Pronti via, prima settimana ed è già finale a Auckland: nel percorso batte Wozniacki, allora numero 3, e Venus Williams, cede solo a Julia Goerges. Raggiunge il secondo turno agli Australian Open, vince due singolari su due contro l’Olanda in Fed Cup, centra la semifinale ad Acapulco e vince il torneo di Newport Beach (un ‘Wta’ da 125 mila dollari).Tutto questo a 18 anni. E allora? “Si può fare tutto, a tutte le età”, ha detto. “Se sei abbastanza forte, niente è impossibile”. ...

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