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CAMILA GIORGI SE LA RIDE E INSEGUE LA GRANDE OCCASIONE

Camila col titolo di Linz ritocca il best ranking (28) e prepara la strada alla sua grande occasione. Vediamo perché in questo contesto le Top 10 non sono un obiettivo irraggiungibile. Intanto Nole non perde più e Delpo... di Alessandro Mastroluca - foto Getty Images La maturità ha i colori delle emozioni. Ha il suono delle risate dopo la semifinale, si specchia in un abbraccio che commuove. Ha il volto di Camila Giorgi che riprende un discorso sospeso quattro anni fa, a Linz, sul match-point non sfruttato in finale contro Karolina Pliskova. Torna perché vuole, fortissimamente vuole, nonostante un problema al piede che qualche timore lasciava ancora dopo la semifinale vinta di testa e testardaggine sulla belga Van Uytvanck. Torna perché in Austria ha sempre giocato bene, e le emozioni positive rassicurano, aiutano anche chi come Camila si sforza di non mostrare emozioni, per non dare indizi e vantaggi. Le mostra eccome, nella sempre più frequente perdita di campo e controllo con il dritto, Ekaterina Alexandrova alla prima finale nel circuito maggiore. È il trionfo di una Camila Giorgi completa, a suo agio in tutte le situazioni, capace di tirar su un quarto di finale ingarbugliato contro la russa Gasparyan con la forza dell’ispirazione che non si improvvisa pur dovendo uscire dal tracciato del piano di gioco previsto. Best rankingÈ il trionfo della continuità, il raccolto dopo la semina della semifinale di Tokyo. Il best ranking al numero 28, ritoccato di un paio di posti dopo tre anni, vuol dire una garanzia quasi matematica di un posto fra le teste di serie all’Australian Open 2019. È un biglietto per il tram chiamato desiderio, perché in una WTA densa, bilanciata e senza vere padrone, la versione di Giorgi che per un set ha dominato Serena Williams a Wimbledon, che come il sole si è levata in Giappone, ha tutti i colori e le soluzioni per piazzamenti costanti e acuti regolari. Quel che serve per avvicinare almeno la Top 10. E poi spostare il limite ancora un po’ più in là. È Djokovic il più grande? “Non sarei così dedito a questo sport - ha detto Novak Djokovic a Shanghai - se non credessi di poter raggiungere grandi traguardi”. Ha vinto il 32° Masters 1000, il 76° titolo in carriera. È a soli 215 punti da Rafa Nadal in classifica, ma solo 35 nella Race, la classifica che considera solo i risultati del 2018. Ha rimandato Sascha Zverev nel giorno della festa per la sua partita numero 1000 in carriera: ne ha vinte 827, più di Federer e Nadal quando hanno raggiunto lo stesso traguardo. Ha dominato il torneo senza perdere mai il servizio in 47 turni di battuta, ha completato 27 successi su 28 da Wimbledon, è tornato in Top 2 dopo oltre un anno e si candida a grande favorito per chiudere da numero 1. Se ci riuscisse Djokovic, che ha iniziato l’anno con 5 vittorie nelle prime 10 partite ed è scivolato al numero 22 a maggio, la sua classifica più bassa dall’ottobre 2006, completerebbe tre imprese in una. Nessuno è mai diventato numero 1 dopo essere sceso fuori dalla top 15 nella stessa stagione, nessuno ci è mai riuscito dopo aver vinto così poco a inizio anno né senza aver conquistato alcun titolo prima di Wimbledon. Questo Djokovic gioca per la storia. Coric, la forza della continuitàTredici, il numero della buona sorte, racchiude la storia di una stagione di prime volte. È il nuovo best ranking di Borna Coric, che con la seconda vittoria in stagione su Roger Federer ha centrato la prima finale in carriera in un Masters 1000. Un anno fa, di questi tempi era fuori dai primi cinquanta. Ma, come testimonia il tatuaggio non casuale, “non c’è nulla di peggio che essere ordinari”. Ha smesso di darsi grandi obiettivi, diceva a inizio anno, ha iniziato a lavorare per raggiungerli. Ha cambiato staff e metodi già dalla pre-season, si è affidato a Riccardo Piatti e ha guadagnato almeno un metro di campo nello scambio da fondo. Il vantaggio in termini di anticipo e pressione è evidente. Le quattro vittorie stagionali, metà del totale in carriera, contro Top 5 e i 18 successi nei Masters 1000, meno solo di Djokovic e Zverev, diventano una conseguenza naturale. Un punto di partenza per un 2019 dalle grandi destinazioni ancora tutte da descrivere. La stella di YastremskaA 18 anni, l’inesperienza e l’ambizione non sempre si combinano. Ogni regola, però, ha le sue eccezioni. La più scintillante ha il nome e il volto di Dajana Yastremska, la teenager meglio classificata questa settimana, la seconda a vincere un titolo WTA dopo il successo di Olga Danilovic a Mosca, nella prima finale tutta millennial nella storia della WTA. Ha conquistato Hong Kong di forza, a suon di vincenti e rovesci lungolinea fulminanti. Non conosce il controllo, l’attesa, la costruzione. Gioca con il bruciante desiderio di prendersi il futuro adesso, di chi nella gioventù non vede un limite, ma solo un infinito dispiegarsi di possibilità. La finalista di Wimbledon junior 2016, un piccolo grande classico l’ultimo game della finale con Potapova con sei match point salvati, ha guadagnato più di 200 posizioni nel 2017, ne ha risalite altre 123 fino alla numero 66. “Non mi aspettavo che qui sarebbe stato tutto così meraviglioso”, ha ammesso nella cerimonia di premiazione. Ha il tennis giusto per quest’epoca, a queste sensazioni si abituerà e molto in fretta. ...

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