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Djokovic e Alcaraz, esibizione a Riyad: l’Arabia Saudita allunga le mani sul tennis-

È sempre più Arabia Saudita. Le Next Gen Finals dirette a Gedda per il primo anno e fino al 2027, l’anticipazione del presidente della FITP Binaghi sul nuovo Masters 1000 che dovrebbe aprire la stagione 2025, le WTA Finals che quest’anno hanno resistito, mentre Billie Jean King si dice convinta che il Tour femminile vi farà tappa – a dispetto delle “grosse problematiche” citate dal CEO Steve Simon. Ora, i primi due tennisti del mondo, il ventiquattro volte campione Slam Novak Djokovic e il giovane fenomeno Carlos Alcaraz, hanno accettato di giocare un’esibizione nella capitale saudita, evento parte della Riyadh Season, “uno dei più grandi appuntamenti invernali di intrattenimento del mondo”, si legge sul sito ufficiale, che si protrae da metà ottobre fino a marzo. Il prossimo 27 dicembre, Carlos e Nole riproporranno la rivalità regina del Tour 2023 che, dopo i crampi spagnoli nella semifinale del Roland Garros, ha regalato le emozionanti finali di Wimbledon e Cincinnati, senza contare la lotta ancora aperta per il numero 1 di fine anno. Il giorno prima, saranno invece Aryna Sabalenka e Ons Jabeur a incrociare le racchette. Le grosse problematiche a cui aveva fatto riferimento Steve Simon riguardano dal suo punto di vista i diritti delle donne e delle persone LGBT, ma parliamo di un Paese dalle sistematiche violazioni dei diritti umani che nemmeno più si preoccupa di respingere al mittente le accuse di sportwashing. “Se incrementerà il PIL dell’uno percento, allora continuerò a fare sportwashing” ha dichiarato un mese fa il principe ereditario Moḥammad bin Salmān, accusato da un rapporto dell’intelligence statunitense di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. Proprio pochi giorno dopo quel brutale assassinio, vi fu il criticatissimo annuncio dell’esibizione tra Djokovic e Nadal a Gedda (a volte ritornano), poi annullata per l’operazione alla caviglia di Rafa. Nessun problema pare sorgere all’orizzonte, stavolta, e intendiamo di natura etica, né per Djokovic né per Alcaraz, il quale ha già prenotato anche la Plaza de Toros di Città del Messico per una sfida contro Tommy Paul a fine novembre. Alla faccia della stagione troppo lunga. L’Arabia, che ha un approccio al tennis meno aggressivo rispetto al golf, ogni tanto si è vista rifiutare le generose offerte da qualche campione, ma la l’edizione 2022 della Diriyah Tennis Cup (la seconda dopo quella del 2019) non è certo stata disertata e ha anzi vantato le presenze di Medvedev, Tsitsipas, Berrettini, Ftitz, Kyrgios e altri ancora. Taylor si è portato a casa il primo premo, un milione di dollari, non male per giocare tre match con un supertiebreak al posto del terzo set. Quella stessa somma – stessa nominalmente, ma un’enormità per l’epoca – fu offerta nel 1980 a Biorn Borg e John McEnroe (non da dividersi, nel caso vi fossero dubbi) per giocare nella città-resort Sun City nel Sudafrica dell’apartheid. Proprio l’anno prima, lo svedese fu il primo tennista a toccare quota un milione di montepremi; così, per dare un contesto a quanto i due rifiutarono in una sorta di “ain’t gonna play Sun City” ante litteram, cinque anni prima della canzone registrata dagli Artists United Against Apartheid. Insomma, qualcuno sa dire no, anche all’Arabia, come a suo tempo fecero Roger Federer e Andy Murray. ...

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