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Djokovic sul velluto. E spunta una bolla pure a Melbourne (Crivelli). Federer e la voglia di Finals: “Pur di giocarle ancora andrei anche sulla luna” (Semeraro). Jannik «il randagio» e la sua Val Pusteria (Barana)

Djokovic sul velluto. E spunta una bolla pure a Melbourne (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)Un tranquillo pomeriggio in ufficio per rispondere alle telefonate di un tremebondo Schwartzman, impaurito dal debutto al Masters e accartocciato da una superficie lontanissima dal suo gradimento, e riprendere confidenza con il campo dopo l’inopinata sconfitta viennese contro Sonego. Djokovic, appena omaggiato della coppa che premia il numero uno di fine stagione, obiettivo raggiunto per la sesta volta, come l’idolo di giovinezza Sampras, a Londra insegue un altro record con il sei, cioè i successi di Federer alle Finals: lui è a quota cinque. Nole fino a ieri aveva perso una sola volta (su 12) il suo match inaugurale nel torneo, addirittura al debutto nel lontanissimo 2007 a Shanghai. Dunque, non poteva essere il 13° ostacolo, l’eroico Peque dalla pampa argentina, a metterne in pericolo il curriculum quasi immacolato. E infatti, dopo un avvio narcotizzato con tanto di break subito nel terzo game, il Djoker si rimette in carreggiata, allunga la gittata dei colpi da fondo, aggiusta il servizio e nel secondo set finisce per dominare, anche se l’uso non proprio brillante della palla corta segnala ancora un po’ di apprensione tecnica […] L’assenza di pubblico per molti resta un fattore ostico da maneggiare, tanto che Tsitsipas lo considera responsabile del suo rendimento altalenante di questo periodo, mentre Thiem lamenta la mancanza di energia e l’impossibilità di distrarsi fuori dai match, dovendo rimanere in hotel. Più pacato e realista Nadal: «È vero che è tutto più noioso e mentalmente stressante del normale, non puoi stare con la tua famiglia, andare a cena, ma non possiamo lamentarci: il mondo sta soffrendo tanto e noi siamo fortunati a poter fare il lavoro che amiamo». Del resto, del tennis nella bolla i giocatori non si libereranno almeno fino in primavera, stante pandemia. Domenica la finale del Masters chiuderà la stagione e dopo tre settimane sarà già ora di trasferirsi in Australia per espletare l’obbligo di quarantena in vista del primo Slam stagionale (18-31 gennaio). Nel Victoria non si registrano casi dal 29 ottobre, ma per evitare la terza ondata i governi degli stati federati continuano a impedire gli spostamenti fuori dai loro confini. Per questa ragione la federazione avrebbe pensato di organizzare nell’unica bolla di Melbourne tutti i tornei, maschili e femminili, di preparazione agli Australian Open, cioè Sydney, Brisbane, Perth, Adelaide e Hobart. Per accogliere circa 500 giocatori e almeno 2000 accompagnatori verrebbero istituiti un centro di quarantena e un centro bio-sicuro per gli allenamenti e le partite […] Federer e la voglia di Finals: “Pur di giocarle ancora andrei anche sulla luna” (Stefano Semeraro, Stampa)Le ultime Atp Finals londinesi questa settimana si stanno giocando nell’atmosfera vagamente lunare della 02 Arena -lo stadio come un cratere vuoto, la luce azzurrina da stazione spaziale delimitata dal buio cosmico delle tribune… – ma forse, dita incrociate, amuleti in bella vista, fra un anno a Torino potremo contare su un astrotennista d’eccezione. Che in Inghilterra, per una volta, non è entrato in orbita. «Le Atp Finals?», ha spiegato Roger Federer in una intervista a tre con Bjorn Borg e Tim Henman apparsa sul sito web del torneo. «Onestamente non importa dove si sposteranno, qualsiasi giocatore ci andrebbe. E io le giocherei sulla Luna, se potessi». […] «Qualificarmi per la prima volta alla Tennis Masters Cup nel 2003 è stato molto importante», ha spiegato Roger, che quell’anno a Houston superò in finale Andre Agassi dopo averlo già battuto nella fase a gironi. «Mi ha fatto capire che potevo battere i più forti giocatori del mondo anche da fondocampo. Per la mia carriera fu davvero una svolta fondamentale». Dopo la vittoria al debutto, Federer ha conquistato altre cinque volte il torneo di fine anno (2004, 2006, 2007, 2010, 2011), un record che per il momento fa di lui il Maestro dei Maestri ma che Djokovic punta ad eguagliare quest’anno. Stimolato da un Henman in versione bravo intervistatore, anche Borg ha raccontato quanto il vecchio Masters sia stato cruciale per la sua carriera. «Ogni settimana guardavamo il tabellone con i nostri nomi e i punti, e discutevamo fra di noi le chance di partecipare, perché quello era l’obiettivo di tutti», ha ricordato il mito svedese, che si qualificò la prima volta a soli 18 anni, nell’edizione giocata sull’erba di Melbourne nel 1974, ma che ha vinto solo due edizioni, nel 1979 e nel 1980 quando il torneo aveva già traslocato nella sua sede più famosa, il Madison Square Garden. «Com’era l’atmosfera a New York, Bjorn?’», gli ha chiesto curiosissimo Federer. «Sai bene cosa si prova a giocare davanti al pubblico di New York, Roger, e ti posso assicurare che al Madison era “murato” ogni sera». Non è una sorpresa che il ricordo più vivo dell’Orso sia legato ad un match con McEnroe; meno scontato che si tratti di un litigio con l’arbitro: «Chiamò fuori un mio passante, e non mi dava una spiegazione convincente, così continuai a protestare. È stata la prima e unica volta che mi sono beccato una penalità in tutta la mia carriera». Cose che capitano, alle Finals. Jannik «il randagio» e la sua Val Pusteria (Francesco Barana, Corriere del Trentino)C’è del nomadismo nella vita di Jannik Sinner. Oggi è uomo di mondo: tra Bordighera — comune ligure a due passi dalla Costa Azzurra — dove si allena, Montecarlo, dove vive, e i cinque continenti dove il tour Atp fa capolino ogni anno. Ma il Rosso, partendo dalla minuscola Sesto, si è abituato a girovagare fin da piccolo. Anche fossero i Comuni della Val Pusteria: «Non aveva un circolo del tennis fisso, con Heribert Mayr (il suo primo coach, ndr) si decideva di volta in volta dove allenarsi, che fosse Brunito, Villabassa, o la Valle di Sesto. E così Jannik dopo scuola prendeva il borsone e il papà o la mamma lo accompagnavano» ricorda Christian Ghiani, che con Mayr e Andrea Spizzica ha allevato il talento di Jannik. Ma è un nomade con radici, Sinner, che persino per nascere — il 16 agosto del 2001 dall’unione tra Hanspeter e Siglinde — ha dovuto «giocare» in trasferta nella vicina San Candido, perché lì c’era l’ospedale. Però l’identità, quella, mica la disperdi, anzi: «Se sei di Sesto, dove in bassa stagione passa un’automobile ogni ora, il senso di appartenenza è totale e totalizzante. Lo senti persino nei confronti del paesino accanto. Jannik quando ritrova suoi amici parla il dialetto di Sesto, altroché» racconta Ghiani. […] Ma l’anima di Sinner è rimasta in Val Fiscalina, dove papà Hanspeter e mamma Siglinde lì vivono (con Mark, il fratello di Jannik) e lì gestiscono un rifugio. Distaccati dal tennis, anche se è proprio Hanspeter, buon giocatore dilettante, che ha messo in mano la racchetta al figlio. La famiglia quando può lo segue, ma senza pressioni. Un esempio? Settembre scorso, torneo di Kitzbuhel, i genitori raggiungono il figlio nella cittadina dell’alto Tirolo: «Dopo la vittoria con Kohlscheriber li trovo sorridenti a bersi una birra con gli amici con cui erano saliti, parlavano di tutto tranne che della partita» racconta Ghiani. Dicevamo di Sesto. Non che ci fosse molto da fare per il piccolo Sinner, fuori dallo sport. È campione italiano di sci a 7 anni, nel 2008, smette a 12: «Perché non vinceva più, era troppo magro e iniziava ad accusare il colpo fisicamente e Jannik non ha mai voluto perdere, nemmeno contro di me che ero il suo maestro» ricorda proprio Mayr. Da quel momento le sue giornate trascorrono tra la scuola alla mattina e il tennis il pomeriggio […] «Jannik — sottolinea Ghiani — ha presto imparato ad arrangiarsi, a essere pratico. Molti tennisti, anche di gran talento, fin da ragazzini soffrono la parte logistica di questo sport, che ti costringe prestissimo a girare il mondo per un torneo, a dormire in stanze d’albergo non certo lussuose e a dover rimediare un campo last minute per provare la superficie dove giocherai il giorno dopo. Lui questo stress non lo ha mai sofferto, anzi si è sempre arrangiato». Perfino, fatto insolito, nell’accordarsi le racchette, racconta Ghiani: «Quando si è accorto che spendeva troppo per la manodopera, con i suoi risparmi si è comprato una macchina manuale senza dire una parola ai genitori. Il fatto è che era pesantissima e se la caricava in borsa. I suoi lo hanno scoperto una sera vedendoselo tornare a casa con questo “mattone” dietro le spalle». Ma è già da molto tempo che non gli serve più. ...

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