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FenomeNole. Ace di Ivanisevic: “Djokovic mai sazio, prima l’oro a Tokyo poi il Grande Slam” (Crivelli). Berrettini, il campione è di moda (Mastroluca). Il tennis è uno sport per vecchi dei. Ma le cose stanno per cambiare (Ferrero)-

FenomeNole. Ace di Ivanisevic: “Djokovic mai sazio, prima l’oro a Tokyo poi il Grande Slam” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport) Sono andati oltre il muro, più forti delle feroci divisioni Infiammate all’inizio degli anni 90 da un conflitto sanguinoso nel cuore dell’Europa. Quando, prima di Wimbledon 2019, Djokovic annunciò di aver ingaggiato Ivanisevic come coach da affiancare allo storico Marian Vajda, da qualche parte si alzarono di nuovo vapori tossici della storia. Un serbo che decideva di farsi aiutare da un croato, un affronto per i nazionalisti nostalgici di entrambi i fronti i cui sentimenti d’odio albergano ancora nell’humus del pregiudizio. Ma la strana coppia li ha subito feiocemente tacitati, prima con parole di tol- leranza e poi attraverso risultati fenomenali: due anni dopo, mentre Goran festeggiava íl ventennale dal clamoroso trionfo di Wimbledon del 2001 conquistato da numero 125 del mondo invitato con una wild card, il pupillo sugli stessi prati alzava per la sesta volta il trofeo, compiendo il terzo passo verso una delle imprese più leggendarie che lo sport conosca. Il Grande Slam. Il GOAT I quattro tornei più importanti del calendario che si inchinano allo stesso giocatore nella medesima stagione: è accaduto solo tre volte e per merito di due soli protagonisti. Don Budge ci riuscì nel 1938, Rod Laver fece doppietta, 1962 e 1969. Al Djoker restano solo gli Us Open, ma il video con cui venerdì ha annunciato la presenza ai Giochi di Tokyo (solo in singolare) dopo i dubbi maturati nelle ore appena successive alla vittoria ai Championships, legati a una bolla rigidissima e all’ assenza di pubblico, ha disvelato la bruciante ambizione del numero uno del mondo: il Golden Slam. Cioè vincere nello stesso anno quattro Major e l’oro olimpico, come solo Steffi Graf nel per lei magico 1988. Tra gli uomini, solo Agassi e Nadal possono fregiarsi dei cinque titoli, ma loro Slam non sono stati ottenuti in un’unica stagione. Secondo Ivanísevlc, i tempi sono maturi per la definitiva incoronazione di Djokovic: «Vincerà l’Olimpiade, poi a New York completerà il Grande Slam. In questo momento è imbattibile, sta scrivendo la storia. L’ho sempre detto, anche prima di allenarlo: lui era l’unico che poteva puntare a quel traguardo, perché è competitivo su tre superfici e rispetto a Federer e Nadal ha il vantaggio dell’età ed è più integro fisicamente. […] “Condividere il percorso con lui è elettrizzante, è come stare dentro un film: per ucciderlo gli devi sparare 27 volte e lo vedrai rialzarsi sempre, gli sparerai un’altra volta pensando di averlo finito e te lo ritroverai in piedi, più forte di prima». […] Ma non crediate sia stato semplice entrare nel mondo di Djokovic e adeguarsi alle sue enormi aspettative: per lui una finale persa è un fallimento». E mentre Federer e Nadal cercano di gestire il tramonto, l’astro del Djoker è allo zenit: «Non so a quanti Slam arriverà — dice Goran — ma non stupiamoci se ne aggiungerà altri cinque o dieci. Noi veniamo dal Balcani, e ce l’abbiamo dentro: tutto è possibile. E se qualcosa non esiste, noi la creiamo». Divinità in terra. Berrettini, il campione è di moda (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport) Il punto di riferimento del tennis italiano per un grande sogno alle Olimpiadi. Dopo la storica finale a Wimbledon, la festa congiunta a Wembley con la nazionale di calcio campione d’Europa e la cerimonia con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Matteo Berrettini si prepara al prossimo grande obiettivo della stagione: una medaglia a Tokyo. […] E chissà che non ci sia una rivincita, in uno stadio vuoto, contro Novak Djokovic per l’oro. L’ascesa del numero 1 azzurro, terzo nella classifica dei soli risultati stagionali, la Race to Turin che qualifica per la prima edizione italiana delle Nitto ATP Finals, non è soltanto una questione tecnica, di vittorie sul campo. IMPENNATA SOCIAL Il cammino a Wimbledon, il torneo più prestigioso del mondo, ha aumentato notevolmente la sua popolarità […] Due indizi certificano il fenomeno. Da un lato, la comparsa sulla copertina di `Topolino”, attraverso l’alter ego Teo Cappellini. Dall’altro, l’esplosione di follower su lnstagram. A maggio, Berrettini aveva 245 follower; saliti a 273 mila a inizio giugno e 325 mila a inizio luglio. Oggi, dopo i risultati che l’hanno catapultato nella storia dello sport italiano, ha raggiunto quota 871 mila diventando il tennista italiano più seguito sul social e oggi più popolare. Berrettini precede in questa particolare classifica Fabio Fognini (583 mila), Jannik Sinner (406 mila), Lorenzo Musetti (159 mila) e Lorenzo Sonego (91,5 mila). GLI SPONSOR È destinato a crescere anche l’appeal del numero 1 del tennis italiano dal punto di vista commerciale. Risultati in campo, eleganza e stile fuori, possono condurlo a un profilo all’altezza degli sportivi top in Italia (escludendo le superstar come può essere Valentino Rossi). Seguito da sempre da Lotto Sport Italia, sponsor tecnico che ha accompagnato tutta la sua carriera e lo “veste” dal cappellino alle scarpe, Berrettini è legato anche alla Head per quanto riguarda le racchette. […] Benettini è anche il volto di Capri Watch e di Colavita, azienda pontina che produce olio e ha una forte presenza negli Stati Uniti. Un cambio di passo forte nelle sponsorizzazioni di Berrettini si eta già notato nella primavera scorsa, quando si è legato alla Red Bull. È diventato così uno dei 24 italiani testimonial del colosso delle bibite energetiche, il cui logo ha iniziato a comparire sulla sua manica. PROSPETTIVE. Ma lo scenario potrebbe cambiare. Appassionato durante i festeggiamenti sul pullman scoperto insieme alla nazionale, impeccabile nel discorso improvvisato davanti a Mattarella, Berrettini è destinato ad attirare i grandi marchi della moda. Essere global ambassador di una di queste aziende, che in precedenza si sarebbero rivolte magari ad attori o uomini di spettacolo, segnerebbe un’evoluzione per certi versi naturale. […] Il tennis è uno sport per vecchi dei. Ma le cose stanno per cambiare (Federico Ferrero, Domani) Partiamo dai fatti: un finalista italiano maschio nello Slam mancava da45 anni ll penultimo Adriano Panatta a Parigi 1976, l’ultimo Matteo Berrettini a Wimbledon 2021. In mezzo, il mare magnum delle opinioni sui perché del boom del tennis italiano, perlopiù macchiate da un viziologico molto diffuso: il senno di poi. […] Il tennis è uno sport geneticamente individuale e senza avviamento di massa in età infantile, come può essere il calcio che conta sulla quantità da cui scremare l’eccellenza Nel tempo si sono contrapposti due approcci: quello francese, strutturato su un modello pubblico ricco e capillare con presenza di campi e istruttori sul territorio, e con massiccio impiego di personale tecnico eamministrativo; e quello spagnolo, con federazione pressoché inesistente e iniziativa lasciata esclusivamente in capo a team privati. Entrambi i modelli hanno funzionato. La Francia ha prodotto giocatori da top 10 in serie, e lo fa da decenni. La Spagna, senza un euro di aiuto statale o parastatale, idem: ha invaso il mondo con i suoi “arrotini” e corridori che prima vincevano soltanto sulla terra rossa, poi hanno preso a trionfare un po’ dappertutto, […] Solo che la teoria non è perfetta. Per la Francia i Richard Gasquet, i Gaël Monfils, gli Jo-Wilfried Tsonga, che a noi italiani avrebbero fatto spellare le mani, non bastano. Perché l’ultimo campione Slam maschio rimane Yannick Noah, Roland Garros anno domini 1983, e tutto ciò che non è eccellenza viene considerato, nella patria della grandeur, assolutamente insufficiente. Per la Spagna, la cui maggior struttura di allenamento è l’accademia privata costruita a Manacor da Rafa Nadal — in cui tra l’altro si allenano pochi spagnoli e tanti talenti esteri — l’unica speranza è che i coach di casa continuino ad avere per le mani materiale di prima qualità e non, come è accaduto da noi per troppo tempo, scarti di altri sport, perché là non esiste un sistema in grado di finanziare o sostenere in alcun modo la crescita del gioco e se Toni Nadal, deus ex machina di Rafa, inizia ad allenare il promettente canadese Auger Aliassime, non c’è santo o contratto che tengano: il privato va dove c’è il mercato. C’è un ultimo elemento variabile di cui tenere conto. Ogni anno si disputano quattro tornei Slam Attualmente, ci sono in attività tre giocatori che ne hanno portati via 60. Equivalgono a 15 anni filati, arco di tempo che fino a poco fa superava la durata media di una carriera da professionista, in cui solo Novak Djokovic, Roger Federer e Nadal hanno vinto tutto, lasciando uno splendido nulla agli altri. […] Altri come Andy Murray, Stan Wawrinka e Juan Martin del Potro si sono talora intrufolati in quell’oligarchia spietata ed escludente con imprese al di là dell’immaginabile, ma sono stati —per quanto straordinari — episodi di temporanea interruzione dello strapotere. Ecco questa congiunzione astrale non si vedrà più, per molto tempo. I flussi storici del tennis insegnano che si è vissuta una bolla e non la normalità; quei tre alieni sono, per l’appunto, visitatori di un altro mondo e hanno ottenuto successi cumulati che mai si erano registrati dai primordi della disciplina ne sia prova che 60 Slam sono più di quanto Sampras, Agassi, Becker, Edberg, Lendl, McEnroe e Courier messi insieme siano mai riusciti a razziare. Divinità e teenager Ed erano ritenuti, a ragione, divinità del tennis. […] Davanti, si spalancano le praterie. Questo è il contesto in cui è rifiorito il tennis italiano. Anzitutto, è appena ragionevole ritenere che la statistica dovesse per forza assegnarci qualche puledro, dopo una vita di meste preghiere perché entro il terzo giorno di Wimbledon tutta la pattuglia non fosse già imbarcata sul volo di ritorno. Ed è successa non solo Berrettini, nato nel 1996, ma pure Lorenzo Sonego (1995) e soprattutto i ragazzini d’assalto Jannik Sinner (2001) e Lorenzo Musetti (2002) hanno il potenziale atletico e tecnico per competere ai massimi livelli, in uno sport che fu degli adolescenti ma è dei maturi Il Boris Becker che trionfava a Wimbledon a 17 anni non esiste più non per caso, ma perché l’asticella della prestazione atletica si è arrampicata verso il cielo al punto tale che, oramai, un teenager non può più reggere la sfida posta in partite che si giocano al meglio dei cinque set E, molto semplicemente, i tennisti italiani delle generazioni precedenti — salvo Fabio Fognini, frenato però da altri impacci che necessiterebbero trattazione a parte — non erano abbastanza forti. Ai giorni nostri, fa notizia Carlos Alcaraz, pupillo di Nadal: ha 18 anni, non ha vinto nulla, è numero 72 al mondo e non ci sono altri diciottenni tra i primi cento del ranking Atp, in cui figurano solo lui Sinner (23esimo) e Musetti (63esimo) in rappresentanza dei teenager. Investire sul futuro Dopodiché, la felice concentrazione di coach italiani competenti e ambiziosi al lavoro con ragazzi dalle qualità finalmente non residuali (Vincenzo Santopadre con Berrettini, Riccardo Piatti che usò lavorare con stranieri e ora con Sinner, Simone Tartarini con Musetti, Gipo Arbino con Sonego) ha contribuito in maniera determinante a che non si disperdessero talenti. […] Ora la federazione lascia lavorare i coach privati a casa loro e sostiene a vario titolo l’attività dei ragazzi in cerca di professione sia economicamente, sia con contributi tecnici (il coach itinerante Umberto Rianna) e logistici. Ha lavorato perché l’Italia, da periferia degradata, tornasse a essere centro del tennis ospitando eventi, dal lusso delle Atp Finals a Torino al Master NextGen (i migliori giovani del mondo) a Milano Torino; giù fino alla base, i tanti eventi che permettono ai ragazzi di fare esperienza e costruirsi una classifica mondiale senza macinare migliaia di miglia a zonzo per il globo. In questo humus sono cresciuti i nomi che oggi scaldano il cuore degli appassionati e stanno aprendo le porte al tennis come sport di massa: come negli anni Settanta quando sul tram si parlava della veronica di Panatta e non passava fine settimana senza che venisse inaugurato un nuovo circolo del tennis. […] Sicché, se a 26 anni Panatta viveva il suo sogno tra Roma, Parigi e la Davis ma stava per entrare nel secondo tempo —piuttosto dimesso — del suo film, a 25 Berrettini ha ragione nel sentirsi appena all’inizio: perché Djokovic passerà, più presto che tardi, e Matteo avrà anni, tanti davanti a sé, per contendere i titoli che contano a una concorrenza di livello (Stefanos Tsitsipas, Dennis Shapovalov, Alexander Zverev, Casper Ruud e Andrei Rublev) ma, finalmente, umana. […] ...

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