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Il ticking clock di Fognini e Kyrgios: chi rischia col ritorno al ranking tradizionale (e ringrazia le ultime modifiche)

A un anno dalla sospensione del tennis mondiale, il gioco e le sue istituzioni stanno provando a tastare le acque di una stagione più vicina alla normalità, pur con tutte le problematiche del caso. Fra gli elementi in procinto di riassestarsi c’è il ranking. Come già scritto in precedenti occasioni, le modifiche degli ultimi 12 mesi: permettono ai giocatori di tenere il miglior punteggio ottenuto in un torneo che si sia giocato due volte fra il marzo del 2019 e quello del 2021lasciano intatti i punti ottenuti in tornei cancellati nel 2020 (come Wimbledon), e continueranno a farlo nel caso in cui degli eventi dovessero saltare anche nel 2021 (è il caso di Indian Wells e Rio, rinviati a data da destinarsi ma difficili da incastrare nel calendario)più in generale, non fanno perdere punti per non sfavorire chi non se la fosse sentita di ricominciare a viaggiare a pandemia in corso. Pochi giorni fa, poi, è stata introdotta un’eccezione che riguarda da vicino il secondo punto dell’elenco, permettendo ai giocatori che difendono punti in questi eventi di mantenere almeno il 50 percento dello score ottenuto nelle edizioni incluse nella fascia temporale considerata (marzo 2019-agosto 2020)  – per citare Serge Latouche, potranno godere di una decrescita serena. I tornei inclusi in questa regola sono quelli che generalmente sono disputati fra marzo e agosto e che nel 2020 sono stati o cancellati (per esempio Wimbledon e Montecarlo) o spostati in maniera importante dalle consuete posizioni nel calendario (vedi Roland Garros e Roma). Grazie alla nuova regola, banalmente, se Nadal perdesse al primo turno del Roland Garros (quintessenza dell’ipotesi per assurdo) terrebbe comunque 1000 punti, perdendone altrettanti. Il corollario di tutte queste decisioni (che, urge sempre ribadirlo, sono state probabilmente le più giuste possibili) è stata la scarsa mobilità delle classifiche dalla ripresa dei due circuiti, visto che normalmente una scalata è quasi un gioco a somma zero, con guadagni che si associano alle perdite altrui – addirittura, capita spesso di fare sorpassi in retromarcia, beneficiando da perdite contenute contro quelle decisamente più ingenti di alcuni avversari. Nonostante la nuova tutela appena introdotta, comunque, un sistema più vicino a quello classico (basato sul confronto fra le stesse settimane di due anni consecutivi) dovrebbe essere ripristinato a breve. L’ultima settimana di ranking “a crescita illimitata” sarà quella che inizia il 15 marzo (subito prima di Miami, quindi), e questo vuol dire che da lì in avanti si potrà ricominciare a perdere punti. La conseguenza è che, se negli ultimi 12 mesi si è vissuta un po’ una fase di ancien régime, nel momento in cui i punti ricominceranno a scalare come al solito o quasi ci si troverà davanti a una maggiore fluidità del sistema, in cui soprattutto i cali saranno subitanei, pur con il paracadute di cui sopra. Siamo quindi andati a vedere chi, fra i Top 100, debba più del 30 percento del proprio punteggio attuale a un solo risultato, ed è quindi a rischio di una discesa repentina nel caso di una mancata riconferma. FEDERER AGEVOLATO MA NON TROPPO Uno dei primi nomi a sovvenire potrebbe essere quello di Roger Federer, fermo da oltre un anno e ancora N.5 ATP, ma nell’ultimo anno giocato lo svizzero ha comunque fatto una finale e due semifinali Slam (2640 punti), ha vinto un 1000 (con un’altra finale, che peraltro non scalerà perché è quella di Indian Wells) e tre 500, uno dei quali non scalerà (3100 punti). Perciò, se da un lato non sappiamo che Federer vedremo quando tornerà in campo a Doha e (forse) Dubai, dall’altro è evidente che il suo bunker anti-atomico di punti lo possa tenere in buone condizioni per un paio di ere geologiche. Detto questo, è innegabile che le ultimissime deroghe gli facciano un bel favore, ma questo sarà l’oggetto di un altro articolo in uscita nei prossimi giorni. Roger Federer – Australian Open 2020 (foto via Twitter @AustralianOpen) Fra i casi simili a quello di Roger, mutatis mutandis, vi è quello di Benoit Paire, che fra fine 2019 e inizio 2020 si era costruito una classifica da Top 25 con due vittorie e due finali nei 250 (800 punti) e con due ottavi Slam (360 punti). È presumibile che il declino dell’irsuto possa proseguire, ma anche nel suo caso si tratterebbe di uno stillicidio più che di una deflagrazione, visto che, incredibile a dirsi, la sua progressione era stata estremamente metodica e assennata. Lo stesso vale per Monfils (che peraltro manterrà le sue due vittorie a Montpellier e Rotterdam per un altro anno senza colpo ferire), Goffin (a forte rischio durante l’estate con i 1260 punti di Halle, Wimbledon e Cincinnati ma comunque non dipendente da un solo risultato e appena tornato alla vittoria di un torneo) e Nishikori (vedi sopra, il nipponico, semi-inattivo per un anno e sottotono dalla ripresa almeno fino a Rotterdam, ha ancora in saccoccia tre quarti di finale Slam che gli valgono 1080 punti). A pagina 2, i giocatori che guadagneranno di più dall’ultimo provvedimento ...

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