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Inferno e paradiso coast to coast: bentornato, Djokovic

Fine 2017. A guardare tutti dall’alto verso il basso c’erano loro, i soliti noti: Rafael Nadal e Roger Federer. I due hanno appena concluso una stagione fenomenale, che li ha visti spadroneggiare nel circuito come ai tempi d’oro (ammesso che fossero mai finiti). Sparita, invece, la concorrenza. Murray, Djokovic, Wawrinka e Nishikori hanno chiuso anzitempo la loro stagione per problemi fisici, rispettivamente ad anca, gomito, ginocchio e polso. Una vera e propria ecatombe, che ha fatto precipitare tutti e quattro tra la 10° e la 25° posizione in classifica. La stagione 2018 si preannunciava quindi come una delle più avvincenti degli ultimi anni, con i vecchi leoni a difendere il loro territorio dal ritorno dei temibili avversari, sulla carta più freschi e guariti. Solo sulla carta però. All’Australian Open, Djokovic e soprattutto Wawrinka sembrano l’ombra di loro stessi, mentre Nishikori e Murray si ritirano addiritura dal torneo. È in questo contesto che si realizzano i due comeback più eclatanti dell’anno: quelli di Kei Nishikori e, soprattutto, di Novak Djokovic. IL BUIO DI NOLE – L’inizio della stagione è disastroso per l’ex numero uno del mondo. Il campione serbo presenta la brutta copia di sé stesso agli Australian Open, fermando la sua corsa contro il coreano Chung, da molti additato come la versione 2.0 del serbo. Novak mostra ancora evidenti problemi al gomito, che ne condizionano la resa di tutti i suoi colpi: falloso, poco incisivo, Djokovic sembra aver perso tutte le sue certezze in campo. È però la parte mentale a preoccupare maggiormente: il serbo appare completamente svuotato, privo di quel fuoco ardente che lo aveva reso invincibile solo fino a un anno e mezzo prima. Novak Djokovic – Australian Open 2018 (@RDO foto) In febbraio decide finalmente di operarsi al gomito per poter finalmente risolvere tutti i suoi problemi, ma la fretta di tornare a competere gli farà rimediare due pessime figure contro Taro Daniel e Benoit Paire nei due Masters 1000 del Sunshine double. A farne le conseguenze saranno i due super-coach, Agassi e Stepanek, licenziati in tronco con gran parte dello staff. Confusione è dunque la parola chiave che accompagna tutta la prima metà del 2018 del serbo. Una serie di scelte discutibili e frettolose, i grandi dubbi nei colpi e nella mente bloccano Novak, scatenando i de profundis di tutti gli appassionati di tennis, sicuri che non sarebbe mai più riuscito a tornare ai fasti di un tempo. Tutto si muove attorno e dentro al serbo, ma niente sembra ridargli la sua sicurezza e la voglia di distruggere il mondo. LUCE SUI PRATI – Rinascita è quella che descrive invece la sua stagione da Roma in poi. Djokovic, che ha toccato il punto più basso della sua discesa al numero 22 del mondo, si rende conto che è necessario riappropriarsi di antiche certezze. Richiama l’amico e coach storico Vadja e grazie a lui inizia la sua risalita: al Roland Garros si mostra finalmente competitivo, anche se viene fermato ai quarti dal sorprendente Marco Cecchinato, lanciato verso un’incredibile e meravigliosa semifinale. Al Queen’s arriva la prima finale dell’anno, persa contro un ottimo Cilic. Nole sembra però pronto per competere finalmente ad alti livelli: ha ritrovato i suoi colpi e la strada è quella giusta per ritrovare anche la fame di successi. Quello che accade nei mesi successivi, però, va oltre le più rosee aspettative. A Wimbledon, Djokovic è autore di una delle vittorie più belle, intense e incredibili della sua carriera. La partita chiave che riconsegna al mondo il cannibale del tennis e che apre le porte al suo 13° slam è la semifinale contro Rafael Nadal, vinta al 5° set 10-8 dopo più di 5 ore di lotta intensissima. Dopo due anni di astinenza, Djokovic torna a vincere uno Slam e rientra in top 10: vi mancava da nove mesi. Da lì in poi distruggerà chiunque e ovunque, chiudendo l’anno con una striscia positiva di 35 vittorie su 38 match giocati. DI NUOVO N.1 – Un dominio assoluto almeno quanto imprevisto. Conquista Cincinnati, vittoria che se possibile lo relega ancor più nell’Olimpo di questa disciplina poiché il serbo completa per primo il Career Golden Masters, vincendo almeno una volta tutti e nove i Masters 1000 in calendario. Un’impresa titanica, ottenuta sconfiggendo Roger Federer in finale. Non sazio, vince il suo 14° slam a New York in finale contro Juan Martin del Potro cui non lascia nemmeno un set, eguagliando così la leggenda Pete Sampras proprio dove quest’ultimo aveva vinto il suo ultimo slam. Curiosamente, Novak ottiene questi tre successi fondamentali sconfiggendo i numeri 1, 2 e 3 del mondo in quel momento, rispettivamente Rafa, Roger e Juan Martin. Novak Djokovic – US Open 2018 (foto Art Seitz c2018) La conquista del numero uno del mondo diventa a questo punto una formalità: sfruttando l’assenza di Rafa per l’infortunio rimediato agli US Open, Nole chiude l’anno vincendo anche il titolo di Shanghai e riappropriandosi del trono durante il torneo di Parigi proprio grazie alla rinuncia di Nadal, che aveva tentato di rientrare in campo nella capitale francese. In soli quattro mesi (giugno-ottobre) Nole ha scalato 21 posizioni in classifica ATP, compiendo uno dei ritorni al vertice più incredibili e inimmaginabili degli ultimi anni nonostante la quota-punti raggiunta a fine stagione (9045) sia inferiore a quella (10645) con la quale Nadal ha chiuso il 2017. Il serbo si lancia verso il 2019 con le (ritrovate) stimmate del cannibale, pronto a frantumare altri record. Chi riuscirà a fermarlo? GLI ALTRI RITORNI – Si segnalano, a margine, altri grandi ritorni nel corso del 2018. In primis, come detto, quello del giapponese Nishikori, passato dalla posizione 39 occupata ad aprile alla 9 di fine anno: Kei ha iniziato l’anno giocando il challenger di Newport e lo ha concluso alle Finals di Londra. Un salto di tutto rispetto. Anche Del Potro merita una nota speciale: l’argentino è riuscito infatti a completare un comeback lungo due anni, portandosi dalla posizione 1000 di inizio 2016 al suo best ranking di agosto (#3). ‘Delpo’ non è potuto andare oltre a causa dell’infortunio che, come Nadal, l’ha costretto a chiudere la stagione a Flushing Meadows. Infine il nostro Andreas Seppi ha migliorato di 50 posizioni (da 86 a 37), tornando ai livelli di maggio 2016; Martin Klizan, passato dalla posizione 140 di inizio anno alla 41 (stesso livello di giugno 2017) e Ernests Gulbis, che torna alla posizione 96 dopo essere sceso fino alla 589°. Lorenzo Fattorini  ...

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