You are here

Jennifer Brady: “Immaginarmi la vita senza tennis è spaventoso, è la mia vita”-

Pubblicato da Eurosport il 24/08/2023 Sono di nuovo allo US Open pronta a giocare il torneo per la prima volta in tre anni dopo un periodo molto duro di infortuni. Ogni volta che arrivo a New York la mia priorità è sempre il cibo. La prima cosa che faccio è trovare del buon cibo. Di solito vado a degli ottimi ristoranti coreani a K-town o West Village. Mi piace molto quella zona, oltre a mangiare delle succulente bistecche. Quindi ogni qualvolta mi trovo a Manhattan il cibo coreano e le bistecche sono un must. Sono stata sui campi dello US Open negli ultimi giorni e ho potuto allenarmi nell’Arthur Ashe Stadium. Era da tre anni che non mettevo piede sull’Arthur Ashe ed ero veramente emozionata a ritrovarmi su quel campo a colpire la palla. È stato fantastico tornare a vivere quell’esperienza. Certo, tornare muovere dei passi su quel campo mi ha suscitato emozioni forti, ma si è trattato di emozioni positive, perché l’ultimo incontro che vi avevo giocato è stata la semifinale contro Naomi Osaka e per me quello è stato probabilmente una delle partite migliori che abbia mai giocato, sebbene abbia perso. Dopo i primi 5 minuti a colpire la palla questa settimana mi sono trovata a sorridere e a sentirmi felice semplicemente per il fatto di essere lì e di giocare nuovamente. Ciò che ricordo di quella semifinale contro Naomi è che è stata una partita di altissima qualità dal primo punto fino alla fine. Entrambe eravamo sul pezzo, super concentrate e abbiamo giocato un tennis di qualità altissima. Mi muovevo bene, giocavo bene, sentivo la palla. E mi divertivo. Era il 2020, Quindi è stato davvero una sfortuna non avere tifosi nello stadio, ma spero di avere l’occasione di giocare sull’Arthur Ashe di nuovo quest’anno, e spero molte volte ancora. Probabilmente sarà più emozionante avere i tifosi e giocare di fronte a un grande pubblico. Anche la tensione sarà maggiore ma penso, guardandomi indietro, che quella partita sia probabilmente una delle migliori partite che entrambi abbiamo mai giocato. Gli infortuni al piede e al ginocchio mi hanno impedito di giocare per due anni e ora che sono ritornata sul circuito è difficile non guardarmi indietro e pensare: ‘Oh, non ci sto riuscendo, non colpisco il dritto come prima, non riesco a servire come prima, non mi muovo come prima’, e dal punto di vista mentale è dura continuare a guardarsi alle spalle e fare dei paragoni tra dove sono adesso e dove ero tre anni fa mentre giocavo questo torneo. In realtà so che non è giusto continuare a fare dei paragoni con la giocatrice che ero tre anni fa, indipendentemente dalle mie condizioni fisiche. È inevitabile che con il passare degli anni non si sia forti e veloci come prima. Le cose cambiano e il corpo deve adattarsi. Adesso la situazione è diversa e non posso continuare a dire: ho raggiunto la finale di uno Slam. Da ora in poi si tratta semplicemente di guardare avanti e di fare tutto il possibile per migliorare ogni giorno. I due anni trascorsi fuori dal circuito sono stati veramente una m****. Il mondo del tennis è un po’ come una piccola bolla. Andiamo di settimana in settimana e non appena si perde si è fuori dal torneo e si prenota un volo per il giorno successivo. Parti per il prossimo evento e ti trovi in questo ciclo di fare sempre la stessa cosa senza mai fare un passo indietro o guardare le cose da fuori e pensare: “Wow, la vita che viviamo è incredibile”. Abbiamo tantissime occasioni di fare tante cose e siamo davvero fortunate a fare quello che facciamo e viaggiare per il mondo; ci sono così tante persone diverse provenienti da tutti i paesi del mondo che giocano a questo sport. Ci troviamo tuttein un unico posto allo stesso tempo e poi andiamo al prossimo e il prossimo ancora. Così penso che molti di noi perdano un po’ la prospettiva mentre si gioca sul circuito. Alcune di noi si lamentano di cose che tutto sommato non sono così importanti o di cui probabilmente non dovremmo nemmeno lamentarci. Perché nel mondo reale le cose sono molto più dure. Non desidero essere parte del mondo reale. Nel nostro lavoro abbiamo flessibilità, siamo noi a pianificare e siamo noi a gestire. Ci sono un sacco di cose che possiamo controllare. Siamo il capo di noi stesse e siamo estremamente privilegiate a poter fare quello che facciamo. Il motivo per cui dico che è stato veramente un periodo schifoso quando ero ferma è il fatto che il tennis è la mia vita. Lo dico perché abbiamo l’occasione di fare quello che facciamo, settimana dopo settimana. Penso che lo diamo per scontato. In qualsiasi momento, te lo potrebbero potrebbe semplicemente portare via. Non sai mai quale potrebbe essere il tuo ultimo torneo o il tuo ultimo match. Quindi penso che si tratti solo di guardare avanti e cercare di trovare la prospettiva giusta quando le cose si fanno difficili o le cose non vanno come si vorrebbe e sfruttare questa situazione come un momento di apprendimento. Amo il tennis. Amo tutto quello che comporta e amo competere e non c’è nulla che possa eguagliare l’emozione e l’adrenalina di scendere in campo e competere. Giocare a tennis è semplicemente una sensazione indescrivibile. Durante il periodo in cui ero infortunata, la mia mente vagava molto immaginando come sarebbe stata la mia vita senza il tennis. Un sacco di volte mi sono ritrovata sveglia alle 3 del mattino nel cuore della notte, fuori di testa solo perché l’ignoto è assolutamente spaventoso. Non sapendo quando sarei stata in grado di giocare di nuovo, quando sarei stata in grado di allenarmi a un livello tale da poter raggiungere uno stato di forma sufficiente per provare a competere. Ci sono stati tanti momenti in cui mi sono trovata immersa in questi pensieri. Era solo questo loop costante di cercare di spingere per arrivare a un punto in cui potermi allenarmi a un’intensità più alta per una settimana e poi provare a implementare e quindi aumentare il tempo in campo. Non sono mai arrivata a giocare un’intera settimana. Giocavo per uno o due giorni e poi il dolore riaffiorava e dovevo prendermi tre giorni di riposo. Quindi era sempre solo un su e giù. Era come due giorni su, un giorno giù, o due settimane su, due settimane giù. Non c’è mai stato un caso del tipo: ‘Ehi, Jenny, così non va, prenditi semplicemente sei mesi di pausa, non pensare nemmeno al tuo infortunio. Non fare nulla, vivi la tua vita, esplora, e poi torna indietro e fallo bene’. Ci sono stati momenti in cui ho pensato, dovrei tornare alla UCLA? Dovrei frequentare i corsi? Poi ho pensato, ma se giocassi gli Open di Francia? Non posso frequentare corsi e giocare in uno Slam allo stesso tempo. Tra tutte le incognite e l’incertezza, è stato solo un processo davvero terribile. Se qualcuno mi avesse detto: “Starai fuori per due anni interi, vai a fare quello che vuoi”, avrei fatto qualcosa: trovare un lavoro, tornare a scuola, fare tutto. Mi sentivo come se la mia vita non avesse uno scopo perché stavo solo giocando a un gioco di attesa. Non volevo avere rimpianti. Se fossi andata via, ‘questo non funziona, forse tornerò a studiare’, avrei finito col pensare, e se….? Non puoi davvero vivere la tua vita in questo modo. Non ti resta che impegnarti e fidarti del processo. Quindi è stato un periodo davvero duro in questo senso. Non sapere cosa ti riserva il futuro, e onestamente non avere alcun senso di scopo nella propria vita. Non c’era molto che potessi fare fisicamente, quindi cercavo solo di trovare cose per ammazzare il tempo e per far passare i giorni. Ora che ne parlo mi rendo conto di quanto fosse triste. A PAGINA 2: La via del recupero passa anche dalla gestione del dolore. L’aiuto di Gavrilova e gli esempi di Vondrousova e Muchova Traduzione di Kingsley Elliot Kaye ...

Related posts

Leave a Comment

shares

By continuing to use the site, you agree to the use of cookies. more information

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi