You are here

L’Arthur Ashe Stadium sta sprofondando? Una ricerca geologica NASA per valutare lo stato di allarme-

Torna d’attualità la notizia in merito all’abbassamento del terreno su cui sorge la città di New York, anche perché la velocità non è la stessa per tutti i settori e almeno due zone ben note sono più… celeri. La città sta sprofondando ad una velocità media di 1,6 millimetri all’anno, ma ci sono come detto almeno due zone della metropoli che viaggiano più rapidamente. Entrambe nel Queens, questi due siti sono l’aeroporto “Fiorello La Guardia” e proprio lo stadio dedicato al campione di Wimbledon 1975. Questo è quanto emerge da uno studio guidato dalla NASA i cui risultati vengono commentati su “Tennis.com” in data 29 settembre. La velocità dei due siti è di circa 4,1 millimetri, quindi più del doppio della città, dato che li fa definire due hotspot tra tutti i luoghi esaminati dal Jet Propulsion Laboratory della NASA e dal Dipartimento di Scienze della Terra e Planetarie della Rutgers University. Il dato in realtà non è una sorpresa, pur apparendo allarmante, per via delle caratteristiche precipue del terreno dove sorge l’enorme arena. Coperta da ghiacciai fino a circa ventimila anni fa, la zona è soggetta all’”aggiustamento isostatico glaciale”, fenomeno che prevede un naturale abbassamento. Dopo il graduale scioglimento dei ghiacci, la terra fino ad allora schiacciata ha cominciato ad innalzarsi, per poi riprendere il processo in senso inverso. La discussione e le preoccupazioni in merito alle condizioni del terreno sottostante lo stadio sono salite alla ribalta alcuni anni fa, in occasione della progettazione del tetto mobile: il principale problema con cui fare i conti era proprio quello della stabilità dell’area. Riferisce Brett Buzzanga, ricercatore presso il California Institute of Technology, che “la zona, visti i dati sullo sprofondamento, non poteva sostenere un tetto costruito in maniera tradizionale”. La soluzione progettata e consegnata nel 2016 viene definita un “trionfo di ingegneria”: un tetto separato dallo stadio per evitare di gravare troppo sul terreno, costruito in teflon e poggiato su colonne in acciaio.  Due anni dopo arriva la copertura anche per il “Louis Armstrong”. Tutti questi accorgimenti ovviamente non possono certo annullare il corso degli eventi naturali; inoltre, sempre Buzzanga ammonisce che “i cambiamenti climatici non c’entrano, ma la massiccia rimozione di liquido dalle falde acquifere sottostanti potrebbe contribuire all’aumento dei dati sulla velocità di sprofondamento”. ...

Related posts

Leave a Comment

shares

By continuing to use the site, you agree to the use of cookies. more information

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi