You are here

Lettera aperta a Gianni Clerici nel giorno dei suoi 90 anni

Tanti affettuosi, ma che dico, super-affettuosi auguri mio caro, carissimo Gianni, grande inimitabile e insuperabile Maestro. Con te ho avuto il privilegio, starei quasi per dire l’onore, di aver vissuto a stretto contatto una piccola grande parentesi della tua vita e della mia vita. Spesso davvero fianco a fianco, sì proprio insieme. Una piccola grande parentesi di una sessantina d’anni! Che vuoi che siano 60 anni di fronte ai tuoi 90 anni di oggi? Sì e no due terzi. Sì, credo che mio padre, dirigente del CT Firenze che era tuo amico e aveva in fondo solo 12 anni più di te anche se è scomparso prematuramente nel ‘78 (lui era classe 1918, ex seconda categoria e non meno appassionato di tennis di te e me) mi ti presentò che non avevo 9 anni quando venisti alle Cascine per seguire da giornalista de Il Giorno uno degli incontri di Coppa Davis giocati dall’Italia di Pietrangeli, Sirola e soci, contro l’India di Kumar e Krishnan (cui abbiamo dedicato di recente un articolo) nel 1958. Ti rincontrai quando la stessa squadra azzurra sfidò sempre alle Cascine il Sud Africa (1959) di Vermaak, Forbes, Segal e quando io ero orgogliosissimo di poter fare il raccattapalle di quei campioni che, bontà loro e certo per amicizia di mio padre, mi facevano perfino gli autografi. Credo di ricordare che ritornasti nel ’62 quando l’ItalDavis affrontò l’Unione Sovietica di Lejus e Likhatcev (non era ancora Russia, Mikhail Gorbaciov non aveva ancora pensato a dar vita alla Perestroika: ha un anno meno di te Gianni avendo compiuto gli 89 anni il 2 marzo scorso) e io ero stato promosso a…segnapunti sul tabellone verde ricoperto da scritte dipinte di bianco. Coppa Davis, Italia vs avversaria di turno, computo dei set e dei game, eccetera. Un tabellone che naturalmente era lontano anni luce dal divenire elettronico. C’erano infatti, da infilare su dei chiodi, e stando bene attento a camminare con attenzione su strette assi di legno, alcune pesanti placche di metallo abbrunito con su dipinti in bianco i numeri davanti e retro, lo 0 con l’1, il 2 con il 3 (e via proseguendo) con un buchino minuscolo: ricordo come fosse oggi il terrore che avevo di sbagliare e mettere magari alla rovescia quei numeri nell’infilare quelle placche nei chiodini infissi nel tabellone sotto al nome delle squadre, dei giocatori. Il tabellone finiva immancabilmente nelle inquadrature della RAI. E non potevo permettermi figuracce. Ma fu probabilmente più in là con gli anni che, ostinandomi io a dare del lei a Gianni, mi sentii un giorno arrivare quasi uno scappellotto: “Ubaldino ma mi vuoi dare del tu?! Non sono mica così vecchio…e poi conosco tuo padre da sempre!”. Se non sono stati 60 da… inadeguato collega, beh, saranno stati 50, mezzo secolo, i nostri anni di… colleganza, perché già a 20 anni, sulla rivista di Rino Tommasi “Tennis Club” scrivevo anch’io, nelle ultime pagine del magazine naturalmente, e te Gianni, ovviamente “ospitato” nelle primissime. Ciò anche se Rino – come scherzavi tu prendendo in giro il grande amico – faceva un grandissimo sforzo ad… ammetterci a corte su quelle pagine, “perché per Rino per fare una buona rivista, bastano i suoi articoli. The Rhino non sente la necessità di mettere anche firme diverse dalla sua!”. Su 80 pagine, 70 le riempiva Rino, e non era tanto per risparmiare il costo delle collaborazioni per la rivista il cui fondatore Carlo Levi della Vida insieme a tal Nocella sostenevano avere i conti costantemente in rosso. Era un po’ la stessa storia che avremmo rivissuto in TV fra Telecapodistria e Tele+. Se fosse stato per Rino lui avrebbe fatto otto telecronache al giorno. Un carro armato sempre in marcia, infaticabile, inarrestabile. Mentre te Gianni dopo un match ti saresti quasi sempre voluto arrendere, a meno che quello seguente fosse uno che ti intrigasse moltissimo, per Rino non c’era match che non meritasse una sua telecronaca. Si capiva che quando una delle due semifinali dovevamo seguirla noi del cosiddetto “duo Primavera”, io e Roberto, per Rino mollare il microfono era quasi una sofferenza, di certo un sacrificio. Pur essendo stato lui a scegliere prima me come partner del vostro duo Cult, e qualche anno dopo Robertino… sollecitato anche da te che, appunto, imploravi maggiori tregue… perché “la scrittura per il giornale viene prima della TV” e perché spesso io dovevo anche occuparmi delle interviste e vi costringevo a un extra minutaggio televisivo. Ma tornando ab ovo e ai vecchi tempi ante-TV, mai avrei pensato allora che un giorno io ti sarei immeritevolmente succeduto nel tuo giornale d’origine, Il Giorno, che aveva avuto una tradizione di giornalisti scrittori di straordinario livello. Gianni Brera in primis, ma anche Giulio Signori per l’atletica, Mario Fossati per il ciclismo, Franco Grigoletti del basket, mentre sulle altre pagine si “esibivano” i Bocca, gli Arbasino, i Feltri. Ogni tanto mi dico che il declino de Il Giorno deve essere “esploso” con la mia successione a te Gianni! Ricordo quando poco dopo i primi anni di Repubblica (1976 la nascita del giornale di Scalfari), mi chiamasti per dirmi: “Ubaldo senti, l’amico Paolo Garimberti, mi ha chiamato proponendomi di passare a Repubblica… so che ci stai scrivendo te settimanalmente. Mi dispiace dirgli di sì sapendo che in qualche modo ti danneggio… ma sai che posso fare? È un problema se accetto?” Naturalmente gli dissi che non era un problema, capivo benissimo. Figurarsi se Ubi non capiva il senso di… Ubi maior. Finì così da un giorno all’altro la rubrica settimanale che firmavo con lo pseudonimo di Mario Ellena (affibbiatomi da Mario Sconcerti). Si chiamava  “Tennis Week”. Dicevo sopra che per almeno mezzo secolo con Gianni (e Rino) siamo stati a stretto, strettissimo contatto. Un po’ in tutti gli angoli del mondo. Vivendo spesso momenti memorabili, aneddoti infiniti. A volte in una angustissima cabina televisiva, come attorno al tavolo di un ristorante fra New York, Londra, Parigi, Melbourne con i vecchi e inseparabili Rino e Roberto – ok facciamo un po’ di show e parliamo solo di Slam! – o nella tua splendida casa di Holland Park Road vicino Nottingh Hill, quando insieme a Lea Pericoli ospitavi un giovane studentello squattrinato quanto appassionato di tennis – il sottoscritto – e nella casa vicina abitava Julie Heldman (tennista capace di giocare una finale degli Internazionali d’Italia, nonché la figlia di Gladys, la fondatrice di Tennis World e insieme a Billie Jean King del Women Tennis Virginia Slim Circuit) o anche su uno spazio molto più ampio come quello di un rettangolo di 23,77 m. e largo 10,97 m, il lawn perfettamente tagliato al Queen’s o alla vecchia sede dell’Australian Open, il leggendario Kooyong dove ricordo di averti visto esibirti anche in prodigiosi tuffi sotto rete alla Boris Becker (dai, dì la verità, un po’ erano recite a nostro godimento…). Di aneddoti che ci riguardano, fin dai tempi in cui presi a chiamarti “Falso Allarme”, ancor prima che Rino ti ribattezzasse ancor più felicemente “Dottor Divago”, ne avrei a decine, non basterebbe un libro a raccontarli tutti.Alcuni li ho ripresi nel video che ti ho dedicato e che forse i nostri lettori di Ubitennis hanno già visto ma che qui ripropongo, così come potrei riproporre infinite volte quello di Rino, tuo compagno di merende. Intervistato da Stefano Meloccaro per conto di Sky poco tempo fa ho spiegato quel che tutti sanno, e cioè perché il tuo modo di scrivere è – purtroppo! – inimitabile e anche se talvolta ti sei ispirato al principio caro a Rino “Never spoil a good story with the truth” (“Non rovinare mai una bella storia per amor delle verità”), o ti sei convinto che quel che avevi fantasiosamente immaginato era successo davvero, il bello della tua prosa abbinata al tennis sta nel fatto che sei riuscito ad affascinare lettori – un esempio l’ho vissuto proprio in casa mia, con mia moglie – che al tennis in sé e per sé erano pochissimo interessati. Ma alla tentazione di leggerti non resistevano. E pur non conoscendo i personaggi di cui parlavano… alla fine avevano la sensazione di conoscerli benissimo e di trovarli sempre unici nel loro genere. Così come Rino ha sempre avuto la straordinaria dote della sintesi, la memoria di un esercito di elefanti (molto più di un elefante solo… anche se solo su Hollywood era capace di confondere Mel Brooks con Brooke Shields quando parlava della moglie di Agassi), la precisione statistica di un matematico, l’infallibilità delle sue ricostruzioni, tu hai avuto il dono dell’imprevedibilità, della capacità di associare sport e cultura in mille diversi ambiti e aspetti, di una creatività mai banale nell’approccio ai neologismi. Perfino adesso che ti ho sentito al telefono, in una registrazione in viva voce purtroppo un tantino disturbata da cali di tensione, hai pronunciato un paio di frasi che – confesso – a me non sarebbero mai venute in mente. Ne consiglio per questo ai lettori di Ubitennis l’ascolto, anche se l’audio non è perfetto. Per il resto, oltre a consigliare la lettura di tutti i tuoi libri che ti hanno fatto definire dal grande Italo Calvino “Clerici, uno scrittore prestato allo sport”, posso anche dire che aprendo questo link, il tag ‘Gianni Clerici’, si troveranno tanti altri articoli che hanno parlato di te, una vera leggenda vivente. Leggenda vivente, speriamo ancora a lungo sebbene tu non la consideri una fortuna, a prescindere dal tuo essere stato inserito nella Hall of Fame, solo italiano insieme a Nicola Pietrangeli mentre io mi onoro di essere stato chiamato recentemente dal presidente della Hall Of Fame Stan Smith e dal CEO Todd Martin a far parte più modestamente dell’Enshrinee Nominating Committee dell’Hall of Fame, con il compito di segnalare (insieme ad altri “mostri” sacri del tennis, quali per citarne alcuni, Martina Navratilova, Jan Kodes, Frew McMillan, Arantxa Sanchez, Mark Woodforde) i tennisti e i “contributors” meritevoli di venire “inducted” nella Hall of Fame. A scanso di equivoci Gianni, non posso votare per me stesso, semmai avessi avuto la folle ambizione. Resterete tu e Nicola a rappresentare il tennis italiano per chissà quanti anni ancora! Oggi come oggi non riesco a immaginare un terzo italiano capace di far breccia lì – forse Rino Tommasi? – ma mi piacerebbe moltissimo poterne sostenere la candidatura di un nostro tennista. Vorrebbe dire che un nostro giocatore sarebbe stato protagonista di una serie di successi internazionali davvero importanti, indiscutibili. Per ora ti rinnovo, carissimo Gianni, i miei più affettuosi auguri, sperando di poter leggere ancora a lungo su Repubblica i tuoi magnifici affreschi. Un abbraccio dal tuo grande amico. ...

Related posts

Leave a Comment

shares

By continuing to use the site, you agree to the use of cookies. more information

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi