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L’uomo dei sogni (Semeraro) Super Djokovic può puntare a nuovi record (Bertolucci) È un Nole da Grande Slam (Azzolini)-

L’uomo dei sogni (Stefano Semeraro – La Stampa) “Sogno” è una parola consumata dalle molte volte che la si tira in ballo, svuotata di significato perché troppo generica. Ci voleva Novak Djokovic per darle una lucidata e rimetterla in vetrina, di nuovo evocativa perché splendente di vita vissuta, di lacrime e amarezza, di sofferenza e rivincita. Un anno fa il Djoker rotolava fuori dall’Australia con il foglio di via, dopo una settimana di prigionie e processi. Non ha mai abiurato una causa discutibile – non vaccinarsi – ma ha pagato con dignità e coraggio la sua pena. E nonostante i due Slam saltati per il bando e i punti cancellati della vittoria a Wimbledon, sul campo si è ripreso quello che era suo: il numero 1 del mondo. Ha battuto Stefanos Tsitsipas in tre set (6-3 7-6 7-6) vincendo il suo decimo Australian Open (su dieci finali, impressionante) il 22° Slam che lo porta in parità con Nadal. Voleva continuare «a scrivere la storia del tennis», voleva una rivincita, e l’ha ottenuta mentre Melbourne Park si trasformava in una piazza di Belgrado. «Io e Stefanos veniamo da Serbia e Grecia, due paesi non grandi, senza una grande tradizione tennistica a cui ispirarsi», ha detto dopo essersi ripreso dal pianto liberatorio («un collasso emotivo») che lo ha colto dopo due settimane di stress continuo, mentre abbracciava i suoi in tribuna. «Il messaggio per tutti i giovani è che ce la possono fare, non importa da dove vengono. Quindi vi dico coltivate i vostri sogni, innaffiateli come si fa con i fiori. Trovate chi è pronto a condividerli con voi, e non fateveli rubare da nessuno». Lo ha detto da ex bambino cresciuto sotto le bombe delle guerre balcaniche – e che da quattro anni, lui serbo, ha un coach croato – costretto ad emigrare a 13 anni da solo in Germania. Nel suo sogno ci sta tutta una vita. Carne, sangue, speranze. Errori, certo ma guai a giudicare solo quelli. A Melbourne ha perso un solo set e superato mille trappole, l’infortunio alla gamba sinistra e i veleni di chi gli dava del bugiardo, dribblando con pazienza le mattane di papà Srdjan. Ha stretto i denti, ruotato gli occhi, liberato il rovescio, maledetto il suo clan: «Sopportano il mio lato peggiore, chissà se mi perdoneranno mai». A 35 anni sa giocare il suo tennis migliore, sprintando e allungandosi come un ragazzino, mettendosi dietro anche i 24 anni di Tsitsipas. Che questa volta ci aveva creduto davvero, ma che ancora fradicio di delusione ha verbalizzato quello che tanti pensano: «Novak è uno dei migliori, anzi dovremmo dire il migliore fra quanti hanno mai preso in mano una racchetta». Per il suo supercoach Ivanisevic, «Nole viene da un altro pianeta. Dopo la radiografia al tendine del ginocchio sinistro il 97% dei giocatori si sarebbe ritirato. Lui ha sopportato 77 terapie al giorno (con l’aiuto di Marijana Kovacic, la specialista che ha seguito anche Cristiano Ronaldo, ndr), ed è migliorato sempre». Da questo sogno non ha intenzione di svegliarsi. E un uomo “contro”, da sempre; ora si gode se non l’amore, l’ammirazione e il rispetto di tutti. «È stato uno degli Slam più belli e difficili della mia vita. Due settimane fa pensavo di non avere chance, ma non vedevo l’ora di giocare in Australia dopo quello che era successo l’anno scorso. Se sto bene posso vincere qualsiasi torneo, e sapendo da dove sono partito, l’affetto che sento mi dà una spinta in più per andare avanti». Prepariamoci a farci stupire ancora.  SUPER DJOKOVIC PUÒ PUNTARE A NUOVI RECORD (Paolo Bertolucci – Gazzetta dello Sport) Ha un’alta qualità di gioco e forte tenuta: Il serbo ha tutto per vincere altri Slam. Due soli uomini al comando nella corsa al giocatore con più titoli conquistati nelle prove Slam. Novak Djokovic e Rafael Nadal con 22 titoli a testa continuano imperterriti a incrementare il numero dei successi, ma mentre lo spagnolo sembro avere il fiatone a causa di infortuni che si ripetono adesso con preoccupante frequenza, il serbo, come dimostrato a Melbourne, appare pienamente lucido e meno usurato dal punto di vista fisico. Dopo la finale sulla terra del Roland Garros del 2021, quando gli riuscì la rimonta da due set a zero sotto, ancora una molta Nole è stato in grado di respingere l’assalto di Stefanos Tsitsipas, mettendo in mostra la sua increclibile capacitai di alzare il livello del proprio gioco nel momenti clou della partita. L’unico momento nel quale avrebbe potuto almeno rallentare la corsa verso il trionfo lo ha superato verso la fine del secondo set quando ha dovuto annullare un set point. In quei frangenti Djokovic era apparso nervoso e falloso come mai si era visto nell’ultima settimana, probabilmente per le scorie dell’infortunio al ginocchio sinistro e delle polemiche intorno al comportamenti del padre. Ma conquistato il parziale grazie anche allo sciagurato tie break giocato dal greco, si è ritrovato avanti di due set dopo aver allontanato il pericolo e a quel punto ha riacceso gli occhi felini, riattivato la capacità di rigenerarsi e riacquistato la parola con la quale insultare a ogni sbavatura il proprio angolo. Rimane inspiegabile, anche 15 anni dopo il primo trionfo agli Australian Open, come riesca a giocare un punto fenomenale subito dopo aver affrontato a muso duro lvanisevic e tutto lo staff. Come era facilmente prevedibile, la diagonale di rovescio si è rivelata una preziosa alleata per Nole, sia per il numero di punti incassati sia per aver costretto l’avversario a prendere sempre più rischi con il dritto. Djokovic ha perciò giocato un’altra volta da rullo compressore e la perfetta copertura del campo, unita alla solita straordinaria capacità mentale nel rimanere pienamente focalizzato sul match, sono state le chiavi vincenti del decimo titolo a Melbourne, nonché di tutte le precedenti vittorie raccolte su ogni superficie. D’altronde il campione serbo alzava i trofei dello Slam anche quando la concorrenza era al massimo e gli avversari altamente competitivi. Risulta quindi viste la quanta del gioco, la forza mentale e la freschezza fisica messa in mostra in Australia, che si lasci sfuggire il titolo di giocatore con più trofei Slam in bacheca a fine carriera, un record che nell’immaginario collettivo potrebbe portarlo molto vicino a quel titolo onorifico di più grande giocatore di tutti I tempi, che forse appassiona tifosi del bar, ma dovrebbe rimanere fuori dalle valutazioni degli esperti. Molto più difficile, ma non impossibile, si rivelerà Invece il tentativo di conquistare il Grande Slam, già sfiorato due anni fà, in questo 2023. Ma a questo Djokovic, che sembra aver trovato l’elisir di eterna giovinezza, nessun obiettivo è precluso. È un Nole da Grande Slam: chi può fermano? Djokovic a Melbourne stronca Tsitsipas, eguaglia il record di Nadal e non vede rivali all’altezza (Daniele Azzolini – Tuttosport) Il tennis non cambia. E quanto abbia voglia di farIo, a questo punto è una domanda quanto mai legittima. In piena Next Gen ormai da sei anni, i tornei del Grand Slam appartengono ancora all’antica classe dirigente. A Melbourne vince Djokovic – chi altri? – e lo fa dominando. L’anno scorso aveva trionfato Nadal. Stefanos Tsitsipas gli va vicino nel punteggio, lo insidia trascinandolo lungo due tie break, ma resta lontanissimo nel merito. Tra i due, sembra esserci un abisso. Al Roland Garros il favorito è Rafa, e se qualcosa andrà storto sarà di Nole la candidatura più autorevole. Wimbledon già oggi si preannuncia come un feudo serbo. Solo a New York è concessa qualche libertà inpiù. Nel 2020 vinse Thiem, l’anno dopo Medvedev, poi Alcaraz. II nuovo tennis, sembra di capire, funziona solo nella città dove tutto è possibile. Nell’era del tennis mentale gli Slam rappresentano un paradosso che invita a riflessioni amare: ai giovani sembra mancare la mentalità giusta per affrontarli L’immagine che chiude gli Open d’Australia è quella del Djoker in lacrime nel box che ospita staff e famigliari. È un pianto a dirotto, genuino e contagioso, che attacca le corde più emotive dei suoi tifosi, delle tifose soprattutto, e le riduce alla consistenza di un semolino. In pochi minuti lo sfogo viene condiviso da metà stadio Nole si stende sul pavimento del box, coach Ivanisevic e gli altri del team, con il fratello e la mamma, gli sono intorno per evitare che telecamere troppo curiose riescano a infrangere quel po’ di privacy che in certi momenti è necessaria. Ma il gioco a nascondino riesce in parte, e forse è meglio così. Le lacrime del campione fanno parte della storia di questo match, perché ne offrono una valutazione diversa da quella che risultato e confronto tecnico hanno posto in evidenza. Rendono percepibile quale sia stata la vera differenza dei valori in campo. Ben oltre la pressione, che Nole ha avvertito più del ragazzo di Atene, ed è salita giorno per giorno fino alle polemiche che hanno preso di mira il padre (anche ieri confinato in albergo), al di là dei colpi, dei set point, dei tie break che hanno dato forma alla vittoria, e della straordinaria qualità di Djokovic nel difendersi e contrattaccare allo stesso tempo, la differenza l’hanno fatta i caratteri dei due protagonisti. Sono state proprio quelle lacrime a mostrare quanto siano ancora presenti in Nole, la voglia di fare al meglio il proprio mestiere, di non lasciare niente d’intentato, la disponibilità a mettere tutto se stesso su un obiettivo da raggiungere. Ha mostrato identiche doti Tsitsipas? Molto meno. Non è stato presente nei momenti in cui era indispensabile dare tutto. Ha giocato senza brio il primo set, preso nelle mani del serbo, e quando ha trovato finalmentele risorse per entrare in partita, e spingere di più con la prima di servizio, riuscendo a imporre una sostanziale paritànegli scambi, ha fallito tutte le occasioni più importanti. Ha avuto un set point sul 5-4 30-40 del secondo set, e si è accontentato di restare rincantucciato sulla linea di fondo in attesa degli eventi. Ha ottenuto l’unico break del suo match nel primo gioco della terza frazione, e l’ha restituito nel game successivo. Quel che è peggio, ha giocato con animo da sottoposto i due tie break. In quello conclusivo del secondo set non gli è bastato recuperare da 4-1 a 4 pari, sul più bello non ha tenuto una palla in campo. E nell’ultimo è finito sotto 5-1, prima ditogliere il disturbo. «Non ero nervoso, meno che mai timoroso», si difende Stefanos. «Anzi, mi sentivo eccitato all’idea di giocare questa finale, e credo di essere stato vicino a Djokovic nel punteggio. Nel primo set il servizio non funzionava, poi mi sono tranquillizzato e ho avuto le mie occasioni. Credo che al mio tennis manchi ormai poco per essere alla pari con quello dei più forti, e continuo a pensare che questa stagione mi darà grandi soddisfazioni». Contento lui.. La cosa che è piaciuta di più a Nole è quando Tsitsipas, nel corso della premiazione, gli ha fatto sapere di considerarlo il vero GOAT del tennis, il più grande di tutti i tempi. Poi pero ha corretto il tiro… «Mi riferivo a lui. ma anche a Federer e Nadal, ai tre che harma condiviso il periodo più incredibile del nostro sport». « E lavittoria più bella della mia vita», dice Novak, e precisa: «Non per il gioco, o per il punteggio, ma per le difficoltà che ho dovuto superare in queste due settimane. Il ritorno in Australia già mi metteva grande pressione, poi l’infortunio e le polemiche intorno a mio padre. Essere riuscito ad alzare un nuovo trofeo, mi inorgaglisce» A due anni dal tentativo di conquistare il Grande Slam, fallito sotto i colpi di Medvedev nella finale degli US Open 2021, il trofeo australiano rilancia le ambizioni del Djoker, l’ipotesi è ancora lontana, ma plausibile. Le conquiste di giornata lo spingono al record di vittorie australiane (10), al fianco di Nadal nel numero di Slam vinti (22), a meno dieci da Federer per tornei conquistati nel Tour (103 a 93), e di nuovo sul podio più alto, il più anziano a salire fin lassù. Non è poco. Tsitsipas (che risale al numero tre), non gli è finito lontano, ma nemmeno vicino. Semplicemente, non ha fatto tutto ciò che avrebbe dovuto fare. L’anno ricomincia dall’ultimo degli antichi padroni. I giovani, come sempre, possona aspettare.  ...

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