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Maestro Murray e i segreti dell’erba

Andy Murray torna a vincere un match sull’erba dopo tre anni, aspetta Matteo Berrettini e nel frattempo dispensa consigli a Jannik Sinner. Lo scozzese resta tra coloro che interpretano meglio il gioco sui prati, nonostante la tenuta fisica rappresenti la vera grande incognita. Secondo le parole del diretto interessato, l’erba è la sua superficie ‘naturale’. Quella dove si sente più a suo agio, dove vorrebbe giocare (cosa che in realtà è già accaduta) il match della vita. Ma Andy Murray, due volte vincitore a Wimbledon e medaglia d’oro alle Olimpiadi su quegli stessi campi, è persino un passo oltre: lui sull’erba può addirittura insegnare, può far capire ai nuovi arrivati che quella superficie così fuori dal tempo ha bisogno di tanta esperienza, per essere gestita. Non basta servire forte e colpire bene la palla. Bisogna saper arrivare coi tempi giusti, bisogna coordinare gli spostamenti in modo totalmente diverso rispetto agli altri terreni, bisogna essere pronti a seguire quell’indicazione tanto vecchia quanto preziosa che gli istruttori di un tempo ripetevano fino allo sfinimento: piega le gambe. Per giocare a pochi, pochissimi centimetri dal suolo. Non basta nemmeno il talento, sull’erba, e non bastano gli ace. Un esempio recente? Reilly Opelka, battuto da John Millman malgrado 27 punti diretti col servizio. TRA BERRETTINI E SINNER Murray ha 34 anni compiuti da poco e portati non benissimo, tennisticamente parlando. Perché tutti i guai fisici attraverso cui è dovuto passare, soprattutto l’ultimo all’anca, hanno inevitabilmente lasciato segni importanti. Eppure lui c’è ancora, ci prova e ci riprova. Con l’erba che diventa un toccasana, un momento dove prendere fiato. Nel 6-3 6-2 rifilato a Benoit Paire all’esordio sui meravigliosi campi del Queen’s non sta scritta ancora nessuna risposta, perché il francese non può essere un test significativo, in questo momento e per giunta sui prati. Però si tratta di un’indicazione, che adesso andrà corroborata da altri segnali nei match che arriveranno, a partire da quello contro Matteo Berrettini, battaglia da seguire tra un maestro dell’erba e uno che ha il potenziale per diventarlo. Intanto, in tema Italia, Andy ha avuto modo di dare qualche consiglio prezioso a Jannik Sinner durante una seduta comune di allenamento. Qualche suggerimento dettagliato su come affrontare la superficie e un accenno a Roger Federer (fin troppo ovvio) come modello da seguire. LEGGEREZZA E FATALISMO In realtà, un modello da prendere come riferimento è proprio lo stesso Murray. Perché lo scozzese, che madre natura non ha dotato né di particolare forza, né di doti straordinarie sotto rete, riesce comunque a trarre il massimo dal suo rendimento sui prati. Lo fa con estrema naturalezza, senza sforzi eccessivi, ed è proprio questa capacità di rimanere leggero che consente al suo fisico di patire meno l’usura del tempo: “So di poter essere ancora competitivo – ha detto al Queen’s – con i giocatori di buon livello, ma l’unico vero dubbio è relativo alla mia tenuta atletica. Se il fisico resiste, io mi sento pronto. Ma allo stesso tempo sono consapevole che ogni partita potrebbe essere l’ultima della carriera”. Fatalismo tipico del personaggio, che già una volta aveva dovuto dire addio, sfiancato dal dolore e dai continui stop&go a cui era sottoposto, salvo poi ritornare sui propri passi alla prima occasione utile, alla prima avvisaglia di una condizione ritrovata. SULL’ERBA, TRE ANNI DOPO Murray, in fondo, è uno dei più sinceri quando dice di amare ciò che fa. Andy ama follemente il tennis e non se ne vorrebbe staccare mai. Questo amore, sull’erba, è ricambiato più che altrove, e allora sono in molti a ritrovarsi a sperare che questo nuovo tentativo – tre mesi e mezzo dopo la sua ultima apparizione a Rotterdam – sia un prologo a qualcosa di più duraturo. Intanto è arrivata la prima vittoria sulla sua superficie preferita, da tre anni a questa parte (la precedente a Eastbourne, nel 2018, contro Stan Wawrinka), ma in vista c’è Wimbledon, che Andy non gioca addirittura dal 2017, quando perse al quinto contro Sam Querrey nei quarti di finale. Rivederlo competitivo, abbastanza a posto da potersi giocare le sue chance, farebbe piacere a tutti. A lui, al mondo del tennis, ai colleghi che non a caso lo indicano spesso come una delle persone più gradevoli che si possano incontrare nel Tour. “Ho dei dubbi – ha spiegato con la consueta sincerità – come è logico che sia. Ma sono anche orgoglioso di ciò che sto facendo. E sono emozionato come 15 anni fa, ogni volta che mi preparo a un nuovo match. Rido di questo, tra me e me, ma è bello perché vuol dire che in fondo c’è ancora adrenalina”. E voglia di vincere, nonostante tutto. L'articolo Maestro Murray e i segreti dell’erba proviene da WeAreTennis. ...

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