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Nadal, Zverev, Berrettini: una poltrona per tre?

Agli Australian Open, nella parte alta del tabellone maschile orfana di Novak Djokovic la lotta per la finale sembra un affare a tre. Ma attenzione alle possibili sorprese: per esempio a Carlos Alcaraz, sulla strada di Matteo Berrettini. Aleggia ancora, nella prima giornata degli Australian Open, il fantasma di Novak Djokovic. Del resto una vicenda come quella del serbo, numero 1 del mondo, non può esaurirsi – in termini di chiacchiericcio – nemmeno dopo che ha trovato una definitiva conclusione. Rafa Nadal tuona qualcosa che suona più o meno così: “Questo caso ormai ha stancato, non ne voglio più parlare”. Salvo poi continuare – per quella disponibilità verso il prossimo che gli è consueta – a rispondere a qualche domanda. “Trovo che non solo Novak, bensì più persone, abbiano delle responsabilità in questo pasticcio – dice lo spagnolo – ma io sto sempre dalla parte della legge. Anche se a titolo personale posso dire che, per il bene del torneo e dello sport, sarebbe stato meglio avere tutti i migliori in campo”. La sostanza, al di là delle parole che si sono spese e che ancora si spenderanno per definire una faccenda troppo complicata (anche oltre i confini del tennis), è che Djokovic a Melbourne non c’è. E con la sua esclusione al fotofinish, il tabellone è rimasto con una gamba zoppa. Al posto del serbo, il lucky loser Salvatore Caruso da Avola ha ceduto in tre set all’altro serbo Kecmanovic, in uno spot dove anche il torinese Lorenzo Sonego ha delle chance concrete di andare avanti. Ma è un po’ più in basso, nel draw, che si trovano i veri pretendenti per un posto in finale nel primo Slam della stagione. NADAL: “FATEMI GIOCARE” Intanto, per l’appunto, Rafael Nadal. Che piano piano sta scaldando i motori, e ad ogni giorno che passa vede aumentare le proprie possibilità di un risultato – la finale – che solo un mese fa sembrava qualcosa più legato all’utopia che a una reale speranza. Rafa ha raccontato dei dettagli interessanti, nel post partita del match vinto comodamente contro l’americano Marcos Giron. “Il problema – ha spiegato parlando del suo infortunio al piede – stavolta non è stato tanto l’infortunio in sé, quanto il fatto di aver giocato troppo poco per un periodo di tempo troppo lungo. Tra 2020 e 2021 ho partecipato solo a dodici tornei, un numero troppo basso per un professionista. E mi sono allenato meno del solito. Dopo i mesi del lockdown, le mie ginocchia stavano meglio di quanto fossero mai state, mentre i miei piedi stavano parecchio peggio. Evidentemente la scarsa attività ha portato a un peggioramento”. Come a dire: ‘lasciatemi giocare, poi vedremo’. A parte il tennis, che va ancora a corrente alternata, di Rafa impressiona la lucidità, così come la capacità di leggere il proprio cammino andando ben al di sopra delle emozioni che potrebbero travolgerlo. È sempre stato così, e non sorprende che questo rimanga un suo marchio di fabbrica quando ha superato la soglia dei 35 anni. Sorprende un po’ di più vederlo così aperto e schietto in merito alle proprie condizioni di salute, una volta molto meno sbandierate. Ma anche questa, se vogliamo, è una dimostrazione di maturità, di forza e di sicurezza in se stesso. Malgrado l’iberico – probabilmente in maniera sincera – si dica certo di non essere tra i favoriti. LA SICUREZZA DI ZVEREV E allora chi sono, questi favoriti, nella sezione orfana di Nole? Intanto, Alexander Zverev, che contro il connazionale Altmaier (più forte di quanto dica la sua classifica) ha avuto bisogno di due tie-break ma non è mai davvero andato in crisi. Sascha è un altro che non si fa troppi problemi quando deve dire la sua, anche se spesso in passato questo atteggiamento gli è costato qualche antipatia, non solo da parte del pubblico ma pure da parte dei colleghi. Zverev, però, negli ultimi mesi è maturato molto. Intanto, in campo appare molto più rilassato di un tempo, ha smesso di litigare col servizio e trova quasi sempre un piano B quando il suo tennis consueto lo abbandona. Il tedesco sta diventando una macchina pressoché perfetta, con un grosso punto interrogativo che ancora rimane ben presente nella sua testa e nelle speranze di chi lo dovrà affrontare: gli Slam. Nei Major, la sua migliore prestazione resta quella agli Us Open 2020, dove andò vicinissimo all’impresa prima di perdere in finale da Dominic Thiem. Per il resto, però, ci sono tante partite buttate alle ortiche e una sensazione di insicurezza che si fa largo quando la pressione aumenta. In termini di risultati, siamo passati dalla fatica per arrivare agli ottavi a una serie decisamente importante: negli ultimi sette Slam, Sascha conta una finale, tre semi, un quarto e due ottavi. Non a caso, è numero 3 del mondo, ha vinto l’Oro alle Olimpiadi e le ultime Nitto ATP Finals di Torino. Tuttavia, se c’è un terreno dove appare battibile è la distanza dei tre set su cinque, quando nella sua testa qualche dubbio si insinua ancora. BERRETTINI E ALCARAZ, PRONTI PER LA RIVINCITA Zverev e Nadal sono in rotta di collisione a livello di quarti di finale, mentre in teoria potrebbe approfittare di un tabellone più morbido Matteo Berrettini. Il condizionale è d’obbligo, non solo per questioni scaramantiche, ma anche perché nelle due settimane di un Major tutto è possibile. Un esempio? Già nel primo turno, contro Brandon Nakashima, Matteo ha rischiato moltissimo, un po’ per il valore del suo avversario (uno che nei prossimi anni crescerà ancora), un po’ per via di un problema intestinale che lo ha costretto a più di una pausa, mettendo i bastoni tra le ruote anche al suo tennis. Il fatto che l’allievo di Vincenzo Santopadre abbia vinto nonostante tutto questo è significativo della sua crescita, straordinaria sotto ogni aspetto, compreso quello mentale. Sul suo percorso, il pericolo più significativo appare quel Carlos Alcaraz che lo aveva già fermato a Vienna lo scorso autunno, e che è tornato dopo una lunga pausa senza alcuna paura. In smanicato come il primo Nadal, Alcaraz ha travolto il cileno Tabilo e ha detto che tutto sommato i primi 15 a fine stagione li sente come un obiettivo alla sua portata. Vedendolo giocare, c’è il rischio che abbia sottostimato il suo valore. A Berrettini il compito di ritardare, per quanto possibile, la sua crescita. 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