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Nicola Pietrangeli: “A Montecarlo bevevo coca cola con ghiaccio: altro che dolce vita!”

Sessant’anni fa, grazie alla storica doppietta vincente al Roland Garros, Nicola Pietrangeli realizzava uno dei risultati più importanti dello sport italiano. Dopo aver conquistato il primo titolo parigino nel 1959 contro Veermak, l’anno successivo si conferma re di Parigi battendo il cileno Ayala. In occasione del sessantesimo anniversario che ricorre quest’anno, sarebbe stato proprio Nicola a consegnare la bellissima Coupe des Mousquetaires al vincitore del singolare maschile del Roland Garros se non ci fosse stato il coronavirus a bloccare tutto. Per l’occasione, la Gazzetta dello Sport gli ha dedicato un’ampia intervista. Come fu allora quella finale contro Ayala? “Terribile. Lui mi conosceva bene, sapeva che non ero un’aquila negli spostamenti in avanti e mi massacrò con le palle corte, chiamandomi a rete per poi passarmi con il lob. Una faticaccia, amplificata dalle vesciche a piedi. Avevo delle scarpe nuove, erano così morbide che sembravano pantofole e praticamente era come giocare scalzo. Per fortuna dopo il terzo set allora c’era la pausa e mi feci medicare. Ma dopo la finale per qualche giorno ho dovuto tenere i piedi a bagno”. All’epoca il prize money non era costituito da cifre da capogiro come quelle di oggi, anzi: “Il premio era di 150 dollari. Nel 1960 un dollaro valeva 620 lire, quindi guadagnai 93.000 lire. A Roma vivevo in una casa nemmeno troppo grande in affitto a 55.000 lire al mese. In pratica, con il successo a Parigi ci pagai a fatica due mensilità... […] Nel 1964 andai in finale contro Santana e prima della partita facemmo una scommessa: la sera, lo sconfitto avrebbe pagato la cena. Persi e onorai l’impegno: eravamo in dieci, c’erano le nostre mogli e degli amici, tra cui Luisito Suarez invitato da Manolo. Con il premio, coprii a malapena la serata. L’anno scorso Thiem, sconfitto in finale, ha preso un milione e duecentomila euro: sa quante serate si sarebbe potuto permettere?“. Com’era allora la vita parigina? “Frizzante. Ma non mi fraintenda: il tennis era comunque il nostro lavoro e cercavamo di farlo al meglio, con professionalità. Certo, non c’erano le tensioni di adesso, l’interesse smodato per i personaggi, l’atmosfera quasi militare per cui ogni tennista resta due settimane solo con il suo team. Noi uscivamo insieme dopo le partite, io ho avuto l’opportunità di conoscere il proprietario del Crazy Horse e l’anno dopo mi ha messo a disposizione un appartamento per le due settimane del torneo e così ho evitato l’albergo federale”. Si diceva che Nicola fosse uno anche un amante della dolce vita…“Su di me si è scritto di tutto e di più, e quasi sempre falsità. Pensi che una volta, prima di una finale, sui rotocalchi uscì un articolo in cui si diceva che ero rimasto in un locale fino alle cinque e mi avevano riportato ubriaco all’albergo. Mi piaceva frequentare il bel mondo, ma da giocatore non sono mai andato a dormire dopo la mezzanotte. A Montecarlo, al Jimmy’s, il night club che era un po’ il nostro ritrovo durante il torneo, i camerieri mi conoscevano tutti e non avevo neppure bisogno di ordinare il solito, perché lo sapevano già: una coca cola con ghiaccio. Altro che dolce vita!“. ...

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