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Novak Djokovic e il vaccino obbligatorio: “Inaccettabile”

Qui il link all’articolo originale. Il New York Times ha un paywall, ma con la creazione di un profilo si possono leggere alcuni articoli gratuitamente Completato il volo transatlantico, Novak Djokovic era seduto sul divano di una spaziosa casa che ha affittato vicino a New York, immersa nel verde e lontana dalla confusione della città – questa è una delle concessioni che ha ottenuto al termine delle trattative con la USTA. Djokovic si era appena messo una camicia dopo essersi abbronzato per un po’ sulla terrazza. “Trovarsi in questo tipo di ambiente, sereno e verde, è una benedizione”, ha detto il serbo durante un’intervista su Zoom. “E ne sono grato, perché ho visto l’albergo dove risiederà la maggior parte dei giocatori. Non voglio sembrare arrogante o cose del genere, e so che la USTA ha fatto del suo meglio per garantire gli alloggi e organizzare le bolle cosicché i giocatori potessero effettivamente venire qui e competere, ma per molti di loro è dura non poter aprire le finestre ed essere confinati ad una piccola stanza d’albergo”. Organizzare lo US Open durante la pandemia di coronavirus è stato un percorso accidentato e tortuoso. Le pretese e le lamentele di Djokovic – pubbliche e private – non hanno reso la vita più facile per la USTA. Ma a differenza di molte altre star del gioco, fra cui Rafael Nadal e Roger Federer, Djokovic si è effettivamente presentato ai nastri di partenza al termine di questa lunga e inaspettata pausa del tennis mondiale. È ancora N.1 ATP e il suo record nel 2020 è un perfetto 18-0, lo stesso che aveva quando il tour si è fermato a marzo per la pandemia. Eppure, durante l’interruzione forzata della stagione il suo ruolo non è proprio stato quello del vincitore. Ha generato polemiche mettendo in dubbio l’efficacia dei vaccini e affermando che l’acqua può essere influenzata dalle emozioni umane. Inoltre, ha intaccato la sua credibilità (e il suo brand) organizzando a giugno l’Adria Tour, una serie di esibizioni di beneficenza in Serbia e Croazia che aveva delle serie mancanze in termini di distanziamento sociale e decoro, causando così un cluster di casi di Covid-19. La manifestazione è stata cancellata dopo la seconda tappa, e molti giocatori di alto profilo e membri dei loro staff sono risultati positivi al tampone. Djokovic e sua moglie Jelena erano fra loro, e hanno fatto isolamento per due settimane con i giovani figli nella loro città natale di Belgrado, Serbia. “Abbiamo cercato di fare qualcosa con le giuste intenzioni”, ha detto Djokovic dell’Adria Tour. “Certo, ci sono alcuni passaggi che si sarebbero potuti svolgere diversamente, ma dovrò sentirmi incolpare a vita per un errore? OK, se deve andare così va bene, lo accetterò, perché è l’unica cosa che possa fare. Dimmi tu se sia giusto o meno nei miei confronti, ma io so che le mie intenzioni erano giuste e corrette, e se potessi organizzare di nuovo l’Adria Tour, lo farei”. Djokovic ha mostrato molte emozioni diverse durante l’intervista di questa settimana, passando da un atteggiamento di scusa ad uno di sfida, e ha detto di aver utilizzato la lunga pausa per rendere più profonde la connessione con la sua famiglia e la comprensione di questioni riguardanti l’ecologia e la salute. “Credo che questa sia una fase di grande trasformazione per il nostro pianeta e per tutti noi, e credo che forse sia l’ultimo campanello d’allarme a nostra disposizione, l’ultima chance”, ha detto. Il campione ha affermato che i suoi sintomi sono stati lievi, e che sono durati quattro o cinque giorni. Ha dichiarato di non aver avuto febbre ma di aver avvertito un senso di debolezza; ha anche avuto una parziale perdita dell’olfatto e del gusto, e quando ha ricominciato ad allenarsi c’è stata una perdita in termini di resistenza. Djokovic, che predilige una dieta a base di piante e l’uso di cure naturali quando possibile, ha detto di aver tenuto d’occhio le proprie condizioni molto attentamente, cercando in particolare di individuare effetti del virus a lungo termini, una questione ampiamente dibattuta. “Ho fatto una TAC al torace, ed è tutto a posto. Ho anche fatto diversi tamponi prima di venire a New York da quando sono risultato negativo la prima volta”, ha detto. “Ho fatto gli esami del sangue, delle urine, delle feci, tutto ciò che si poteva fare. Farei della prevenzione in ogni caso, ovviamente, ma ora più che mai, perché non abbiamo un’idea precisa di cosa stiamo affrontando”. Novak Djokovic – Cincinnati 2020 (via Twitter, @atptour) Djokovic, che è venuto a New York senza la famiglia, è atterrato sabato, così da “abituarsi” alle insolite restrizioni del torneo e così da “essere a posto quando arriverà il momento di giocare”. Esordirà al Western & Southern Open, evento combined spostato dalla consueta sede appena fuori Cincinnati a quella dello US Open, di modo da creare una bolla di due tornei. Giocherà in singolare e in doppio, facendo squadra con il suo connazionale Filip Krajinovic – il suo primo match sarà domenica o lunedì. Entrambi i tornei saranno giocati a porte chiuse allo USTA Billie Jean King National Tennis Center nel Queens, dove i giocatori e il loro staff di supporto dovranno essere testati regolarmente e non potranno spostarsi dai rispettivi alloggi o dalla sede del torneo senza il permesso dell’organizzazione. “Sono stato molto vicino a non venire”, ha detto Djokovic, che ha dichiarato di aver deciso di volare a New York a meno di una settimana dal suo arrivo, e solo dopo che i giocatori avevano ricevuto la garanzia dai governi europei che non avrebbero dovuto fare la quarantena una volta tornati in Europa dallo US Open. “C’era tanta incertezza”, ha detto. “E ancora adesso ci sono molte cose che non sono chiare”. Ha poi aggiunto: “Voglio giocare, è il motivo per cui sono qui. Personalmente, non ho paura di trovarmi in una situazione pericolosa per la mia salute. Se ne avessi, con ogni probabilità non sarei qui. Sono cauto, ovviamente, devo essere responsabile e rispettare le regole e le restrizioni come tutti gli altri, ma delle cose sono imprevedibili. Può succedere qualunque cosa sia in campo che fuori”. Djokovic ha affermato che l’esperienza con il coronavirus non gli ha fatto cambiare idea sui vaccini. Ha detto che si troverebbe a dover prendere una decisione difficile se un potenziale vaccino anti-Covid venisse reso obbligatorio per continuare a competere nel circuito. “Ho visto che i media internazionali hanno un po’ decontestualizzato le mie parole, scrivendo che sono contro qualunque tipo di vaccino”, ha affermato. “Il mio problema con i vaccini è l’idea di essere costretto a introdurre qualcosa nel mio corpo. È una cosa che non voglio, per me è inaccettabile. Non sono contrario a qualunque tipo di vaccino, anche perché chi sono io per parlarne quando ci sono persone specializzate in questo campo che hanno salvato delle vite in tutto il mondo? Sono sicuro che ci siano dei vaccini con pochi effetti collaterali che hanno aiutato le persone e contribuito a fermare la diffusione di alcune infezioni”. Tuttavia, Djokovic si è detto preoccupato per un eventuale vaccino per il coronavirus: “Come possiamo aspettarci di risolvere il problema quando il virus, da quello che capisco, muta regolarmente?” Il serbo ha detto che la dirigenza della USTA inizialmente era restia all’idea di consentire ai giocatori di affittare delle abitazioni private durante lo US Open. Dopo un po’ gli organizzatori hanno ceduto, ma hanno imposto delle norme severe. Djokovic dovrà pagare non solo per l’affitto, ma anche per la security 24/7 approvata e monitorata dalla USTA; il compito del servizio di sicurezza, infatti, sarà anche di far rispettare gli stessi protocolli imposti agli altri giocatori – in questa situazione l’organizzazione del torneo non si fiderà ciecamente dei giocatori. “Per me è fondamentale aver investito i miei soldi in questo modo, perché mi aiuterà a sentirmi meglio”, ha detto Djokovic. “Potrò recuperare meglio e passare un po’ di tempo all’aria aperta anche quando non sarò alle partite”. È venuto a New York con il massimo consentito di membri del team, vale a dire tre, un’altra concessione che ha ottenuto dalla USTA, che inizialmente voleva ridurre il numero a uno. Fra i coinquilini di Nole c’è Goran Ivanisevic, l’ex-campione di Wimbledon che fa parte dell’équipe del serbo e che ha a sua volta contratto il coronavirus durante l’Adria Tour, come successo ad altri giocatori e ad altri coach. Per chi stava seguendo da lontano, le conseguenze della manifestazione parevano logiche, vista la mancanza di norme di sicurezza: era consentito l’ingresso ai tifosi; le mascherine erano consigliate ma non obbligatorie; i giocatori si sono abbracciati e dati il cinque, e hanno perfino ballato il limbo a stretto contatto in una discoteca di Belgrado.     “Sono d’accordo, in discoteca le cose si sarebbero potute svolgere diversamente”, ha detto Djokovic. “La serata è stata organizzata dagli sponsor, hanno invitato loro i giocatori. Noi ci sentivamo a nostro agio, l’evento era stato un successo ed eravamo tutti molto felici”. Djokovic ha detto che l’Adria Tour, concepito per aiutare i giocatori di bassa classifica provenienti dai Paesi della ex-Jugoslavia, è stato organizzato in cooperazione con i governi nazionali e con le Federtennis. In quel momento, sia in Serbia che in Croazia i numeri erano bassi, e c’erano poche restrizioni. “Abbiamo fatto tutto quello che ci hanno chiesto, e abbiamo rispettato le regole sin dal primo giorno”, ha detto Djokovic, che però ha capito in fretta che la percezione dall’estero era molto diversa. “Quando un americano o un australiano guardavano ciò che stava accadendo in Serbia, dicevano cose tipo, ‘Oddio, ma siete matti? Cosa stanno facendo queste persone?’”, ha detto. “Davvero, lo capisco”. Ci sono state critiche anche in Croazia, soprattutto per la gestione dell’evento da parte della federazione locale. Ciononostante, Djokovic (che in accordo con sua moglie ha fatto grosse donazioni per la lotta al coronavirus in Serbia e in Italia) continua a sostenere che sia valsa la pena di organizzare l’Adria Tour per via delle risorse economiche che ha generato per la regione. “Ad essere onesti, non penso di aver fatto niente di male”, ha affermato. “Sono dispiaciuto per le persone che hanno preso il virus. Ma mi sento in colpa per tutti coloro che l’hanno contratto da lì in avanti in Serbia, in Croazia, e in tutta la regione? Ovviamente no. È una caccia alle streghe, onestamente. Come si può incolpare una sola persona per tutto?” Djokovic ha 33 anni, ma questo sarà il primo Slam su 61 della sua lunga e trionfale carriera senza i suoi più grandi rivali – né Nadal né Federer saranno presenti. Nadal, 34 anni e campione uscente dello US Open, ha scelto di dare la priorità alla stagione su terra battuta, che nel calendario riconfigurato dell’annata tennistica seguirà a stretto giro lo US Open. Federer, 39 anni, non ha in programma di giocare altri match nel 2020, dopo essersi operato due volte al ginocchio in pochi mesi. A New York, i Big Three saranno ridotti a uno.    “È strano, perché quei due sono leggende del nostro sport, e la loro assenza si farà sentire, pubblico o non pubblico”, ha detto Djokovic. Allo stesso tempo, però, ha voluto rimarcare che il loro forfait (e quello di altri otto Top 100, fra cui il vincitore dello US Open del 2016, Stan Wawrinka) non sminuirà il valore del torneo, dato che “la stragrande maggioranza” dei top player sarà presente. Federer detiene il record maschile di Slam, a quota 20. Nadal ne ha 19. Djokovic ne ha 17 e ha dichiarato che “ovviamente” l’obiettivo del diciottesimo titolo è stato un fattore decisivo per la decisione di attraversare o meno l’Atlantico. “Uno dei motivi per cui continuo a giocare a questo livello è che voglio raggiungere nuove vette nel mondo del tennis”, ha detto. Ha aggiunto che due record di Federer rimangono fra i suoi obiettivi principali, quello di Slam vinti e quello per il maggior numero di settimane (310) da primo in classifica – Djokovic è a 282 settimane, e potrebbe superare lo svizzero entro marzo. Nole afferma di sentirsi pronto al termine della più lunga pausa della sua carriera, ma non può avere la certezza di esserlo davvero, e sarebbe stato contento di trattare per giocare lo US Open al meglio dei tre set invece che al meglio dei consueti cinque. “Forse è una conversazione che in futuro dovremmo avere, perché queste circostanza sono veramente insolite”, ha detto. La sua presenza, per quanto difficile da ottenere, ha dato una grande spinta ad entrambi i tornei di New York. Ha vinto lo US Open tre volte, e ha portato a casa tre degli ultimi cinque Slam. L’assenza dei Big Three in toto avrebbe alimentato a dismisura i dibattiti sulla legittimità di questo Slam. “Non posso dire che sia la ragione principale per cui sono qui, ma è certamente una delle ragioni”, ha affermato. “Prima di tutto, devo pensare a me stesso, alla mia salute, alla mia condizione fisica, e se al mio team vada bene essere qui. Una volta accertati questi punti, ovviamente ho anche avvertito la responsabilità di venire in quanto top player. È importante che il nostro sport vada avanti”.   ...

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