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Quarant’anni fa la prima da numero uno di John McEnroe

Qui l’articolo originale pubblicato sul sito ATP Le vicissitudini – purtroppo tragiche, soprattutto in Italia – della pandemia di coronavirus ci hanno allontanato da alcune importanti ricorrenze, che vogliamo comunque provare a ricordare. Poco più di quarant’anni fa, il 3 marzo 1980, John McEnroe si sedeva per la prima volta sul trono del tennis mondiale. A 21 anni e 16 giorni (solo Lleyton Hewitt e Marat Safin saranno più precoci), il mancino terribile diventò il quarto numero uno della storia dell’ATP e il primo a essere contemporaneamente in cima alle classifiche di singolo e doppio. “Guardare e dire: ‘Oh mio Dio, non c’è nessuno sopra di me’ non è qualcosa che mi aspettavo che accadesse”, ha detto McEnroe, a quarant’anni di distanza. “È stato abbastanza sorprendente guardare il mio nome e sotto quelli di Bjorn Borg e Jimmy Connors“. Sorprendente per lui forse (anche se in fondo lo sappiamo che una buona dose di falsa modestia c’è nelle sue parole), ma intorno a lui tutti o quasi erano sicuri che ce l’avrebbe fatta. Ne era certo Harry Hopman, storico capitano di Davis dell’Australia, nonché eroe eponimo della ormai scomparsa Hopman Cup, quando accompagnando John Barrett, altra vecchia gloria degli anni Trenta, in un tour della propria Tennis Academy a Port Washington indicò il piccolo John, allora dodicenne, e disse: “Quel ragazzino sarà numero uno del mondo un giorno“. Del talento di quel bambino mancino, se ne accorse anche Peter Fleming, allievo della stessa accademia e futuro compagno di doppio di McEnroe. “Quando bravo potrà mai essere?” racconta di aver pensato Fleming, allora sedicenne. “Gli darò un vantaggio di 4-0 30-0.” Questa era la sfida. “Io ero un giocatore potente, lui giocava con una racchetta più grande di lui… Persi cinque set di fila. Ributtava la palla di qua e io finivo per sbagliare. C’era chiaramente in lui qualcosa grazie alla quale era già molto più avanti di noi”. Ebbe grande occhio anche Gianni Clerici, che dopo aver visto un John sedicenne perdere contro l’ecuadoregno Icaza – era il 1975 – si premurò di chiamare Sergio Tacchini, direttamente da Dallas, per suggerirgli di sponsorizzarlo. “Sbaglia tutto di una spanna, ma con una creatività mai vista“. Se ne accorse anche il tour due anni dopo (1977), quando McEnroe si presentò a Parigi per giocare il Roland Garros junior, ma finì poi per qualificarsi per il tabellone principale del torneo vero e proprio. Fu sconfitto da Phil Dent in cinque set al secondo turno, ma vinse il doppio misto in coppia con Mary Carillo. Tre settimane dopo, arrivò il primo vero exploit, a Wimbledon. Superate ancora una volta le qualificazioni, John arrivò ai quarti di finale danzando sull’erba, così adatta ai suoi colpi personalissimi e imprevedibili, dove incontrò di nuovo Phil Dent. “Se perdo da questo tizio di nuovo, smetto“, disse a Carillo la sera prima del match. Non perse, ma gli ci vollero cinque set e qualche improperio. Niente di nuovo per noi, terrestri del 2020, qualcosa di mai visto per l’epoca, soprattutto sui sacri prati di Wimbledon. La sua corsa si fermò poi contro il numero uno del mondo Jimmy Connors. Da lì in poi l’ascesa fu continua e lo portò appunto al numero uno del ranking, nel marzo 1980, ma John non era ancora soddisfatto al 100%. “Dipende dal giocatore, ma la cosa più importante quando giocavo io era il numero 1 di fine anno. Questa era la cosa più importante. Sei stato il migliore in assoluto. I tuoi risultati nell’arco di dodici mesi sono stati i migliori di tutti.“. Per realizzare questo sogno dovrà aspettare l’anno successivo, anche se si rifarà con gli interessi chiudendo la stagione da numero uno per ben quattro anni consecutivi (1981-1984). In totale saranno 170 le settimane passate in vetta alla classifica ATP, l’ultima nel settembre 1985. “Probabilmente gli anni più divertenti della mia carriera” così definisce quel periodo SuperBrat. “Mettevo un sacco di enfasi sul fatto di finire l’anno più in alto possibile. Ero dell’idea che il tennis non fosse questione di due o tre tornei, ma di tutta la stagione. Era questione di continuità“. Sentendo queste parole, è difficile distogliere il pensiero dalla magica annata 1984, chiusa con 82 vittorie e sole tre sconfitte (96,5% di vittorie). Record tutt’ora imbattuto, sia in termini di percentuali che di numero di sconfitte in stagione. Oggi, a una quarantina d’anni da allora, John ha 61 anni e continua a far divertire e discutere fuori dal campo, nelle vesti di commentatore TV e “autoproclamato commissario del tennis”. Non è però la stessa cosa vederlo con le cuffie o nello studio di Eurosport. Lo sa chi lo ha vissuto i suoi anni d’oro e anche chi ha potuto solo assaggiarne il talento da qualche video su Youtube. Lo sa pure il tennis in fondo che uno così non ritornerà. Inimitabile e inimitato, ma mai abbastanza ringraziato. ...

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