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Vavassori, l’impresa. Batte l’idolo Murray (Azzolini). Quelli che…scusate il ritardo (Nizegorodcew). Il tennis degli infortuni (Bertolucci). Raducanu, la caduta di una stella nascente (Giammò)-

Vavassori, l’impresa. Batte l’idolo Murray (Daniele Azzolini, Tuttosport) Fantasmi dispettosi danzano sul campo centrale della Scatola Magica, creando vortici audaci con i gonnellini delle splendide ballgirls scelte tra le migliori agenzie di modelle della capitale. E’ la festa di Andrea Vavassori, Wave per gli amici, che a Madrid si appropria a 27 anni della prima vittoria in un Mille su terra rossa, conquistata la gran parte per aver giocato in modo splendido per un set e mezzo abbondante del match, «in assoluto la mia miglior partita» assicura, e un po’ per essersi saputo guadagnare, insieme ai sorrisi delle ragazze in campo, quell’aiuto invisibile ma prezioso che sa come trasformare il normale svolgersi di un confronto in un evento paranormale. Un lascito di Ion Tiriac quello delle raccattapalle da sfilata. Mentre per gli spettri, illusori finché si vuole salvo quando si palesano nei momenti più caldi dei match, è difficile dire, ma è probabile che vi siano da sempre intorno al tennis, o forse, chissà, seguono il Tour nei suoi spostamenti, annidati nelle anime dei suoi stessi protagonisti. Andy Murray ne aveva evocato uno per salvare la ghirba sul match point a favore di Berrettini, nel gennaio scorso, primo turno di Melbourne, e la possibilità che quell’eterea entità se la sia trascinata fino a Madrid, date retta, non è poi così peregrina. Matteo fallì l’occasione nei pressi della rete, su una palla che avrebbe potuto inviare ovunque e gli avrebbe consegnato il punto più atteso, invece la spiaccicò sulla rete quasi una mano invisibile gli avesse trattenuto il braccio nell’eseguire il colpo. Ieri Andy ha fattolo stesso, con identici gesti, e quel che più conta (per il fantasma) con lo stesso senso di cupa afflizione che comparve nello sguardo di Matteo un attimo prima di fallire il colpo. Murray è stato più bravo, però, e l’ha fatto due volte. La prima per spezzare la propria rimonta, con un goffo tentativo di replicare a una smorzata, dopo aver annullato i primi quattro match point al torinese. Poco dopo per spedire un’altra palla in rete, da due passi. Ed era il quinto match point a favore di Vavassori. Decidete voi che cosa ci stia meglio, a questo punto, se il classico “chi la fa l’aspetti”, oppure qualche detto più elaborato. Io mi tengo la gioia contagiosa di Andrea Vavassori, che ha giocato davvero un gran bel match alternando turni di servizio assassini ad altri, in risposta, forgiati con mani da esperto artigiano, tra pallettoni che rimbalzavano oltre la spalla dello scozzese, qualche drop shot ben piazzato, e un bel po’ di contropiedi. Un insieme che Murray ha mal sopportato, prendendosela per una volta più con se stesso che con il povero team allibito da tanto spreco. Il match si è indirizzato a senso unico già dai primi game. Wave ha condotto 5-1 la frazione d’avvio, poi è schizzato avanti 3-1 nella seconda, componendo tre game perfetti nei quali ha concesso un solo punto a Murray. Il ritorno di Andy ha preso corpo nel settimo game. Operato il contro break, lo scozzese è salito 5-4, ma Vavassori è stato bravo a non smarrirsi. E a riprendere il controllo dell’incontro nel tie break. Anche qui 5-1, prima della risalita di Murray a 5-3, ma sul 6-3 ecco i primi tre match point, falliti da un Vavassori preda dell’emozione. Sul 6 pari il primo regalo di Murray, ancora un match point fallito da Vavassori, infine il punto scacciapensieri. «Gioco a tennis per vivere emozioni come queste. Murray è un idolo, anzi, un eroe per tutto il circuito. Le mie esperienze in singolare sono ancora limitate, è la prima volta che vinco un match in un torneo così importante. Ma con il team abbiamo sempre creduto che fosse giusto provarci». Da un ex numero uno all’altro, ora giocherà con Medvedev: «Ho voglia di continuare a fare bene, spero di riuscire a rendere interessante anche il match con il russo. No, non ditemelo, lo so da me che parto sfavorito». […] Oggi è il giorno di Musetti, che dovrà fare i conti con il tedesco Hanfmann (ma l’ha già battuto) e con le nuove responsabilità che gli vengono dal numero 18 in classifica raggiunto con i quarti di Montecarlo (dopo aver battuto Djokovic) e la semifinale di Barcellona. […] Quelli che…scusate il ritardo (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport) Non solo Sinner. Non soltanto Berrettini e Musetti. Ogni settimana il tennis italiano maschile regala un nome “nuovo”, un prospetto pronto a scalare il ranking ATP. Nuove leve, ragazzi nel pieno della carriera o ex Top 100 che cercano una difficile risalita. In questi giorni a brillare, nel Masters 1000 di Madrid, sono Matteo Arnaldi e Andrea Vavassori, bravissimi a superare le qualificazioni e (al momento) un turno nel main draw. “Wave”, come viene chiamato nel circuito, si è preso il lusso di sconfiggere Andy Murray 6-2 7-6 infiammando la Caja Magica. Tra i primi 200 tennisti al mondo ben 20 sono italiani. Gli internazionali BNL d’Italia, ormai alle porte, li accoglieranno (quasi) tutti e il pubblico avrà l’occasione di ammirarli. E tifarli. L’allargamento del tabellone a 96 giocatori, un maggior numero di wild card a disposizione degli organizzatori e l’ottimo memento del tennis nostrano, permetteranno agli azzurri di giocarsi la grande occasione tra le righe amiche. Sono undici gli italiani Under 23 tra i Top 200 ATP. Il ventiduenne di Sanremo, Matteo Arnaldi, sembra il più pronto al salto definitivo nel circuito maggiore; a Madrid ha appena conquistato il primo successo in un Masters 1000 (che potrebbe consentirgli l’ingresso in Top 100) contro Benoit Paire ed e probabilmente l’azzurro più forte dal punto di vista atletico. Arnaldi è una vera e propria molla e ha una grande resistenza: nell’ultimo anno vanta un record al terzo set di 21 vittorie e 12 sconfitte. Luca Nardi, di due anni più giovane, si è fatto notare a Montecarlo, mentre il mancino di Latina, Giulio Zeppieri, sembra aver trovato la continuità che gli era sempre mancata. Il ventenne romano Flavio Cobolli, dopo un periodo di appannamento, ha raggiunto a Monaco di Baviera i primi quarti di finale ATP in carriera. I miglioramenti al servizio sono palesi, mentre la risposta è sempre stata un punto di forza. […] Iltennista più inatteso in questo inizio di 2023 è stato certamente Andrea Vavassori, recente quartofinalista nell’ATP di Marrakech prima dell’exploit madrileno. Ventotto anni da compiere il 5 maggio, in campo sfodera determinazione e un tennis d’altri tempi fatto di discese a rete, volée e rovesci slice; senza dimenticare il più moderno schema “servizio e dritto”. Per conferma citofonare a sir Andy Murray che ha dovuto rincorrere per due set i colpi del piemontese. Vavassori è molto forte anche in doppio, disciplina nella quale è già nel primi 50 al mondo. […] Il tennis degli infortuni (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport) A scorrere l’elenco degli assenti dal Masters 1000 di Madrid, appare evidente che il tennis è alle prese con un problema delicato in merito agli infortuni e al logorio che comporta mantenersi al top nell’arco di tutta la stagione. Sono addirittura 20 i giocatori nel tabellone maschile che hanno dato forfeit prima ancora che il torneo cominciasse. Bisogna premettere, però, che le motivazioni sono piuttosto variegate: perché se è vero che i lungodegenti Nadal, Kyrgios e Berrettini sono alle prese con guai fisici piuttosto complessi, lo stop del numero uno Djokovic è dettato dalla precauzione di non sforzare il gomito destro malandato in vista del Roland Garros, mentre il nostro Sinner si è fermato semplicemente per recuperare dalle fatiche del tour de force cui si è sottoposto da febbraio e in cui ha inanellato una serie di risultati positivi che lo hanno portato a giocare già 32 partite. E questa scelta, più che legittima, apre un altro fronte su cui ragionare: davanti a un calendario sempre più fitto e compresso, i giocatori migliori decidono una sorta di autogestione degli eventi, finendo per rinunciare a punti e soldi pur di non compromettere gli obiettivi più alti, cioè gli Slam e i 1000 più vicini alle loro caratteristiche o che si giocano di fronte al proprio pubblico (Jannik con Roma). Il tema principale, però, resta quello dell’incremento esponenziale degli infortuni, che non ha risparmiato nemmeno un giovane dalla forza erculea come Alcaraz, costretto a saltare gli Australian Open. Sull’argomento, è opportuno sgombrare il campo dal più classico dei luoghi comuni, e cioè che oggi si giochi troppo. Basta osservare i dati: nel 2022, tra i big, quello che è rimasto più in campo è stato Tsitsipas con 85 match. Ai miei tempi, Connors ha vissuto una stagione da 101 partite (era il 1976) e Lendl addirittura da 115 (1982), in un calendario in cui molti tornei fuori dagli Slam erano al meglio dei tre set su cinque. Dunque, la ragione va ricercata altrove. Innanzitutto nell’evoluzione dei materiali, che consentono di tirare il servizio a 200 all’ora per tutta la partita e tenere velocità elevate nei colpi per periodi molto prolungati, sollecitando oltremisura gli arti. E poi incidono le superfici: la crescita dei tornei sul veloce, indoor e outdoor, ha messo i giocatori di fronte al tappeto di gioco più massacrante per il fisico ma anche più democratico, nel senso che permette di essere competitivo a una più vasta platea di protagonisti, rendendo più ostici e più lunghi anche i match del primi turni. Infine, per sostenere questi ritmi e queste velocità di palla, gli allenamenti richiedono un’intensità fisica sconosciuta ai giocatori degli anni 70 e 80, che in pratica si allenavano giocando. […] Raducanu, la caduta di una stella nascente (Ronald Giammò, Corriere dello Sport) Giovane, multietnica e vincente. Quando nel 2021, appena diciottenne e da n.150 del mondo, Emma Raducanu vinse gli US Open, ci si ritrovò tutti concordi a individuare nella britannica l’identikit perfetto da cui ripartire in un circuito che in poco tempo si sarebbe ritrovato orfano di Serena Williams, regina catalizzatrice e ispiratrice di generazioni. I tempi sembravano maturi. Oltre a lei c’erano anche Naomi Osaka, nipponica statunitense d’adozione, vincitrice di quattro Grand Slam, e Bianca Andreescu, canadese d’origine romena, prima teenager a New York nel 2019 a trionfare in un Grand Slam dopo Maria Sharapova. Dopo nemmeno quattro anni di promesse e progetti è rimasto ben poco. Risultati insoddisfacenti, fragilità diffuse, tanto nel fisico quarto nella testa, hanno oggi relegato le tre ai margini del ranking. Osaka sembra aver trovato nell’imminente maternità la spinta necessaria per riprendere un discorso sfilacciatosi nel corso delle ultime stagioni, e Andreescu, dopo due anni scanditi dagli infortuni, è impegnata a risalire un ranking che la vede galleggiare intorno alla trentesima posizione. La deriva presa da Raducanu, che da lunedì uscirà dalla top100, è di quelle che non sembrano invece arrestarsi. Il suo fisico, dagli Australian Open del 2022 a oggi, si è trasformato in una mappa del dolore collezionando infortuni in serie – caviglia, schiena, addominali, polsi, mani – che le hanno impedito di ritrovare continuità scaraventandola in un gorgo di incertezze e disagi manifestatisi nel corso della sua ultima conferenza stampa alla vigilia del suo esordio a Madrid poi saltato per l’ennesimo ritiro per un infortunio alla mano. 16 domande esaurite in ok, si, no, mi piace, ha giocato bene, fantastico, guardo avanti, è così. Un imbarazzo crescente che ha suggerito al moderatore della Wta di interrompere la conferenza per evitare spiacevoli inconvenienti. «Sta vivendo una situazione difficile, non è facile cambiare allenatore e gestire la pressione – disse Martina Navratilova un anno fa dopo il primo dei quattro cambi di coach effettuati dalla britannica nelle ultime due stagioni – Speriamo tutti che riesca ad accettare quello che le sta accadendo, vogliamo vederla competere e godersi la sfida che ha davanti: è una grande giocatrice e non si vince un Grand Slam per caso». Per risalire dal fondo le occorrerà molta testa, e carattere. Per ritrovare una strada oggi smarrita e che solo lei potrà riconoscere. L’importante è rimettersi in cammino. ...

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