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Massari, mental coach di Berrettini: “La forza di Matteo è nella testa, ecco in cosa mi stupisce” [ESCLUSIVO]-

Dalla nostra inviata a Torino, Margherita Sciaulino A margine della presentazione del nuovo progetto di I Tennis Foundation a Torino abbiamo intervistato Stefano Massari, il mental coach che seguirà i giovani ragazzi della fondazione durante il loro percorso tennistico. Stefano Massari segue da tempo Matteo Berrettini, che spesso in interviste e conferenze stampa ha rimarcato l’importanza del lavoro che svolge con Massari, interprete di una professione che prende sempre più piede nel mondo del tennis professionistico. Come mai il tennista ha bisogno di più supporto mentale rispetto agli atleti di altri sport? Massari: “Partiamo dal presupposto che secondo me ogni atleta ha bisogno di un supporto mentale diverso da un altro. Nel senso che non si andrà mai a dare lo stesso supporto a due persone diverse, perché ognuno di noi ha delle esigenze particolari. Nel tennis però il tema principale da cui partirei è che un tennista deve essere in grado di gestire nello stesso momento sia la fatica fisica, che quella mentale.  Ed è una questione molto complessa. Perché un tennista che sta giocando una partita da tre o quattro ore inizia ad avere i crampi, poco fiato, ma allo stesso tempo deve continuare a rimanere concentrato. Deve continuare a studiare gli spostamenti dell’avversario e pensare ai propri, in uno stato di stress fisico incredibile. Tenere la mente lucida mentre il fisico è sotto forte stress è la chiave principale, secondo me”. Si dice spesso che il tennis è uno sport che tira fuori molte cose personali da dentro le persone, è vero? Massari: “Certo, è verissimo. Il tennis tira fuori chi siamo al 100%, quindi sia la nostra forza, che le nostre debolezze. Perché mentre stai facendo una partita non puoi fingere. Il livello di stress fisico è troppo alto per riuscire a nascondere le emozioni. La stanchezza, il fatto di non riuscire a respirare, sono entrambi fattori che eliminano qualsiasi tipo di filtro”. Nel tennis, salvo che per rari casi, sono più le partite che si perdono rispetto a quelle che si vincono. Questo può essere un altro motivo per cui c’è così tanto bisogno di supporto mentale? Massari: “Sì, anche questo è molto vero. Il tennista deve convivere con la sconfitta quasi perenne. Prendiamo un calciatore per esempio: uno che gioca a calcio tocca la palla ogni due o tre minuti. Mentre nel tennis un giocatore tocca la palla ogni due o tre secondi. Quindi, per partite che possono durare fino a quattro ore, il tennista avrà paura di sbagliare ogni due secondi. Ed è proprio qui che entra in gioco il ruolo del mental coach: saper allenare la mente a gestire uno stress così elevato e così prolungato. Insegnare come gestire quella frustrazione è molto importante, altrimenti il tennista si ritroverà in grave difficoltà dopo pochi minuti”. A proposito di episodi stressanti, come siete riusciti a gestire un anno così complicato a causa degli infortuni per Matteo Berrettini? Massari: “Non è stato per niente semplice. Ma una cosa in cui Matteo è diventato molto bravo nel tempo è saper reinventare il vuoto che ti porta un infortunio. Ha iniziato a fare delle che cose diverse per dare valore a quel tempo. Per esempio: leggere libri, guardare film che non aveva mai avuto il tempo di vedere; e grandi chiacchierate con sua nonna. Sono quelle cose che non avrebbe tempo di fare durante periodi di allenamento normali e durante i tornei. Ha cercato di vivere quei momenti semplicemente con un’interpretazione diversa, dicendosi “ok faccio altro”. Santopadre ed io abbiamo cercato di incoraggiare continuamente questo suo atteggiamento molto positivo e continueremo a farlo. Lui è stato molto bravo”. In che modo Matteo è particolarmente bravo ad applicare i consigli che gli dai? Il suo segreto è la pazienza? Massari: “Non è solo paziente. È un ragazzo molto sensibile, molto curioso ed è anche estremamente perseverante. Anche perché altrimenti non sarebbe dov’è oggi, dopo tutti gli infortuni. Ma la sua qualità principale, che tutte le volte ci lascia senza parole, è la sua capacità di imparare velocemente le cose che gli diciamo. Riesce a mettere subito in atto i nostri nuovi insegnamenti e consigli. Lui ascolta attentamente e mette subito in pratica. Ed è una cosa rarissima che non smette mai di stupirci”. Avevi già lavorato con ragazzini piccoli come quelli di I Tennis Foundation? Il tuo approccio di mental coach cambia molto tra ragazzini e adulti? Massari: “In passato avevo già lavorato con una scuola tennis che aveva ragazzini molto piccoli. E lì avevo imparato ad usare i contenuti e le formule con cui lavorare. Ma come dicevo prima io non ho una formula precisa per ogni ragazzo, penso che sarebbe sbagliato. Andrò con delle idee ma le cambierò strada facendo a seconda di chi mi ritroverò davanti. Il contatto visivo per me con dei ragazzi così giovani è già molto gratificante, perché sono sinceri e spontanei. Durante la presentazione di I Tennis Foundation poco fa hanno chiesto a un ragazzino che è anche molto bravo a calcio: “vuoi fare il tennista o il calciatore?”. Un adulto in un contesto del genere avrebbe risposto: il tennista. Lui invece ha risposto: “non lo so, ci devo ancora pensare”. Questa sincerità per me è bellissima e sono sicuro che mi aiuterà a fare un buon lavoro”. Margherita Sciaulino ...

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