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Nole è implacabile. Un grande Federer rinvia il centenario (Marianantoni). Djokovic incassa una semifinale show (Semeraro). Djokovic è tornato (Azzolini). Brancaccio all’esame Caruana. Ecco il derby degli emigranti (Sonzogni)

Nole è implacabile. Un grande Federer rinvia il centenario (Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport) C’era in palio molto più di una finale e tutti lo sapevano. Per Djokovic la supremazia nella rivalità per legittimare una stagione straordinaria, per Federer il futuro prossimo di un campione che ancora una volta ha avuto dal campo risposte che nessuno alla sua età è in grado di ricevere. Questo mix ha reso la semifinale di Parigi Bercy l’incontro dell’anno, match che il numero 1 del mondo si è assicurato al fotofinish dopo 3 ore e 2 minuti di puro spettacolo. Lo schema tattico è quello di sempre: Djokovic cerca il campo aperto per saggiare la mobilità di Federer che va subito in difficoltà annullando la prima di una lunga serie di palle break (alla fine saranno 12 su 12). Con la risposta Nole fa male e Federer fatica a controllare gli scambi, sebbene si ostini sempre a rispondere con i piedi sulla riga di fondo. Djokovic tiene il centro del campo e martella con una sicurezza disarmante. Sul 4-3 Federer è costretto a salvare palle break prima di arrampicarsi sul 4 pari. Si arriva al tie break e per due volte Federer va avanti un mini break: prima 2-0 e poi 4-2, ma Nole non molla un centimetro, recupera i due svantaggi, salva sul proprio servizio un set point per Federer e poi chiude 8-6. Ci potrebbe stare, a questo punto, il crollo del 37enne di Basilea che inizia il secondo set annullando ancora due palle break. E invece Federer cresce piano, soprattutto con il rovescio. Sul 5 pari Federer salva l’ottava palla break complessiva con la combinazione servizio-dritto; l’occhio di falco dice che ha pizzicato mezza riga e così sale 6-5. L’occasione sprecata distrae Djokovic che ha l’unico passaggio a vuoto della partita. Va sotto 15-40 e cede servizio e set allo svizzero. Quando un nastro salva Federer nel primo game del terzo set, le palle break annullate diventano dieci. Con il rovescio lungolinea mette in apprensione Nole che invece comincia ad andare fuori ritmo. Sul 4 pari Federer ancora una volta è costretto a salvarsi da 15-40; l’ace e una risposta sbagliata di Djokovic mandano al manicomio il serbo che sfracella la racchetta a terra per la frustrazione, beccandosi il warning dal giudice di sedia Carlos Bernardes. Sarà il tie break a decidere la sfida stellare, giocata da entrambi al massimo delle possibilità. Ma Federer mette un dritto lungo e poi commette il secondo doppio fallo dell’incontro. Con Nole avanti 6-1, lo svizzero cancella i primi due match point, ma sul terzo non regge di rovescio e Djokovic, con merito, si assicura la partita dell’anno. Nella finale odierna Djokovic affronterà il russo Karen Khachanov che ha battuto 6-4 6-1 uno spento Dominic Thiem. Una vittoria, per il 22enne moscovita, che vale triplo: la prima finale in un Masters 1000, il nuovo best ranking (n° 12 o 11 se vince il torneo) e la possibilità, in caso di doppia rinuncia di Del Potro e Nadal, di essere la seconda riserva alle Atp Finals di Londra. ———————————————————— Djokovic incassa una semifinale show (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport) Per la delusione di tutta Parigi Roger Federer è fuori dal Masters 1000 di Bercy, Novak Djokovic lo ha battuto in semifinale per 7-6 5-7 7-6 in 3h03′ di gioco, ma il genio è ancora saldamente dentro il tennis. Dopo la cavalcata vincente di Basilea ha dimostrato di poter reggere ancora una settimana ad alti livelli, e ieri se l’è giocata fino all’ultimo, senza mai perdere il servizio, contro il nuovo n. 1 del mondo. Un match farcito di emozioni – pochi avrebbero scommesso sulla resilienza di Federer dopo il primo tie-break perso – sporcato da qualche impurità tecnica (12 palle-break su 12 sprecate da Nole), nel quale però il Genio non ha mai perso il servizio. Peccato (per lui) solo per quel secondo, sciagurato tie-break nel quale ha fatto scappare subito via il serbo (6-1) commettendo anche l’unico doppio fallo di un match in cui ha anche servito 17 ace. Roger era entrato un po’ lento in partita. Nel primo set ha faticato con il servizio e stentato a difendersi da Nole quando lo incalzava sulla diagonale del rovescio. Nel secondo le statistiche hanno iniziato a crescere (dal 64 al 73% di prime palle in gioco), e nel terzo Federer ha iniziato a carburare anche con il rovescio, specie lungolinea. Negli scambi prolungati va spesso in apnea, se deve difendersi in allungo non ha più l’elasticità di un tempo, ma su superfici amiche come l’indoor di Bercy è ancora in grado di brillare quando riesce ad aggredire l’avversario, anche se l’avversario è il Djokovic edizione deluxe della seconda parte di stagione e che ieri si è concesso solo un attimo di stizza sulla 12^ palla-break sprecata, gettando la racchetta. Ed è poi uscito dal campo facendo il gesto di ascoltare il pubblico che prima l’aveva fischiato, tutto schierato per Federer. Oggi alle 15 affronterà in finale il 22enne russo Karen Khachanov, n.18 Atp, alla sua prima grande finale, che ieri ha demolito Dominic Them. Nell’unico precedente, quest’anno a Wimbledon, Nole ha vinto facilmente in tre set. ———————————————————— Djokovic è tornato (Daniele Azzolini, Tuttosport) Tutto o niente. In mezzo ci sono gli altri, quasi tutti, non Federer e neanche Nadal, ma gli altri sì, nella gran massa di chi insegue e di chi si sbatte. Nole invece è agli estremi. È il tutto di chi non sbaglia un colpo, o il niente di chi non ne azzecca una. Di nuovo al primo posto, ma in pochi mesi, dopo aver messo in fila Wimbledon, Cincinnati, gli Us Open, Shanghai, e la certezza del primato a Parigi Bercy, dove gliel’aveva tolto l’amico Murray due anni fa, giorno più giorno meno. Complice l’assenza di avversari, che si sono tutti fatti da parte, dal Murray eterno convalescente al Wawrinka lungo degente, dal Del Potro che con la sfiga ci va a nozze (rotula rotta, poveretto) al Nadal che da tre anni non riesce a concludere una stagione in piedi, allo stesso Federer che solo di recente ha confessato di avere da poco risolto un serio problema al braccio, che gli ha messo di traverso la stagione, dalla vittoria di Stoccarda fino a tutti gli Us Open. Ma prima, non troppo tempo fa, Nole era ancora lì a esplorare il nulla, nello sprofondo del suo tennis e forse della sua vita privata, così in basso che non si era mai visto un ex numero uno smottare giorno dopo giorno, dall’Olimpo ai bassifondi del tennis, senza riuscire per un momento a rimettersi in piedi; un campione lacerato da una sensazione di impotenza che quasi ti faceva male guardarlo arrabattarsi in un gioco privo di armonia e di colore, umiliarsi con il popolo del Roland Garros nel chiedere qualche fischio in meno, mentre il Cecchinato lo prendeva a morsi e smorzate, e almanaccare pensieri di ritiro. Era giugno, e Nole era pronto a dire basta. È novembre, e Nole è di nuovo numero uno. Fra i racconti di metà cammino c’è una settimana in montagna con la moglie, sulle Alpi francesi, subito dopo la tormenta parigina. Lui dice che è servita… Anzi, la rimonta è partita da lì. Il malessere non aveva il suo centro nella racchetta, piuttosto fra i pensieri, le certezze, le abitudini familiari. La crisi è stata lunga, Novak ha attraversato i suoi tornenti, li ha osservati da vicino, li ha affrontati con coraggio, è stato costretto a porsi domande che lo ferivano nel profondo… Si e trovato a chiedersi se il suo tennis di vertice si fosse irrimediabilmente sbriciolato, e non sono giunte risposte rassicuranti. «Ho vissuto di dubbi, mi sono chiesto mille volte se sarei tornato a vincere. Ma ho imparato ad avere pazienza». E ha voluto ricostruire l’assetto del suo gioco, ripartendo da ciò che gli dava sicurezza. Ha allontanato prima Becker, poi Stepanek, quindi il guru Pepe Ymaz, che lo aveva attratto nella fìlosofìa del “volemose bene” cosmico. Ha richiamato Vájda, l’amico, il primo coach, un modo per tornare alle origini… Ma c’era da ricostruire tutto di sé, non solo il tennis. Ne ha preso atto. Il ritorno al numero uno non celebra soltanto la vittoria sugli avversari via via affrontati, ma la più difficile da ottenere, quella su se stesso. (segue) ———————————————————— Brancaccio all’esame Caruana. Ecco il derby degli emigranti (Cristian Sonzogni, La Gazzetta dello Sport) Sarà un derby tra emigranti con racchetta, quello che oggi allo Sporting Milano 3 di Basiglio assegnerà la wild card per le Next Gen Atp Finals, al via martedì alla Fiera di Rho. Di fronte, nella finale del torneo di qualificazione riservato agli italiani, Raul Brancaccio e Liam Caruana: il primo, 2lenne napoletano che cinque anni fa si è trasferito a Javea (in Spagna), dopo aver ricevuto una borsa di studio dall’ex numero 3 Atp David Ferrer; il secondo, 20enne nato a Roma, ma cresciuto con la famiglia in Texas. Due vittorie, le loro, giunte al termine di semifinali vissute in maniera opposta. Per Brancaccio, un match tenuto sempre sotto controllo contro il ravennate Enrico Dalla Valle, costretto a cedere con un periodico 4-2 al termine di un confronto dominato dalla solidità del ragazzo di Torre del Greco. Per Caruana, un grande spavento di fronte a un sorprendente Luca Giacomini. Quest’ultimo, padovano dal fisico minuto e dalle gambe veloci, era riuscito a mettere in cascina i primi due set al tie-break, prima di subire la rimonta del rivale. Il quale ha portato dalla sua parte il confronto con una striscia di 17 punti consecutivi. Se è vero che di scontato, nelle sfide targate Next Gen, non c’è proprio nulla, è altrettanto vero che un favorito lo si può individuare: guardando al ranking (301 contro 622) e ai match di questi ultimi due giorni, tutto sembra indicare Brancaccio come principale indiziato per la wild card. A Caruana il compito di essere la sorpresa. ...

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